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giovedì 23 maggio 2019

Una strategia per la propria pensione anticipata - parte V

Siamo arrivati al post finale di questa serie, per alcune considerazioni finali e riassuntive. Innanzitutto, condivido il foglio di calcolo che riassume tutti i risultati, qui trovate il link. 

Riassumiamo per l'ennesima volta il risultato finale: se vogliamo accumilare nell'arco di 20 anni un capitale di circa 450000 Euro, necessario per avere una rendita di circa 1500 Euro al meso (secondo la regola del 4%), il minimo che si dovrebbe investire é all'incirca 12000 Euro l'anno. Questo nell'ipotesi di investire questi soldi in ETF, diversificando il 40% in area Euro, 40% sul mercato USA e 20% sui mercati emergenti. Come interpretare questo dato?
La prima cosa da dire é che questo é un limite minimo, sotto il quale un investitore correrebbe molti rischi di non riuscire a raggiungere l'obiettivo che ci si era prefissati. Per essere maggiormente sicuri ovviamente più si investe e più si riesce ad ottenere.
La seconda considerazione da fare, é che il portafoglio utilizzato é in verità altamente rischioso, dato che é sbilanciato interamente sull'azionario. È possibile rischiare di meno e ottenere gli stessi risultati? Certamente, ma in questo caso servirebbero capitali maggiori (i rendimenti dell'obbligazionario o dell'immobiliare sono in genere minori), e quindi ci si ricollega al punto precedente, e cioè a dire che i risultati trovati sono in limite minimo invalicabile.
Un altro appunto da fare é sulla scelta degli ETF che sono stati usati nella simulazione. In molti siti americani che trattano di early retirement sentirete parlare e magnificare i famosi fondi Vanguard, che presentano costi minori rispetto a quelli scelti da me. Come mai non li ho utilizzati? Semplicemente perché non sono quotati ed acquistabili in Italia, quindi fare una simulazione con essi non ha senso, se vogliamo parlare di casi che un risparmiatore italiano é in grado di riprodurre.

Iniziamo a discutere delle performance dei 3 indici scelti. Per l'Europa é stato scelto lo STOXX 600, qui. Secondo i miei calcoli in media ogni anno ha avuto un incremento all'incirca del 7% con una deviazione standard del 20% (si veda sotto per la spiegazione del concetto di deviazione standard e per quale motivo lo reputo importante nel nostro caso). Da notare che l'indice ha avuto un rendimento negativo in 8 anni sui 20 sui quali é esistito. Esistono indici migliori per investire sul mercato europeo? La questione é complessa e la risposta é probabilmente si. Come detto in precedenza ho scelto lo Stoxx 600 in quanto contiente azioni solo dell'area Euro, ma a una prima vista l'Euro Stoxx 50 o anche il mercato tedesco sembrano migliori. Mi riservo di indagare su questo argomento con ulteriori articoli di approfindimento in futuro.
indice creato nel 1998. Trovate un riepilogo dei valori storici annuali

Riguardo all'indice sul mercato americano, lo S&P 500 é una scelta di default. É uno degli indici borsistici più antichi ed esistono dati su di esso dal 1928. In questo articolo vi é un buon riepilogo di tutte le performance passate, per riepilogarle:

- in 88 anni di storia il suo valore si é incrementato annualmente per 64 volte ed é sceso 22
- il rendimento medio annuale é stato del 11% con una deviazione standard del 20% circa

Anche in questo caso esistono alternative come il Dow Jones o il Nasdaq, ma il S&P 500 rimane ancora la prima scelta visto che comprende molte più aziende quotate che fanno parte anche delle altre opzioni.

Arriviamo al caso del MSCI Index, scelto per investire sui mercati emergenti (qui i dati storici). L'indice é abbastanza recente, é stato infatti creato nel 2004 e quindi abbiamo pochi dati storici a disposizione. I dati riepilogativio mostrano che ha avuto un rendimento medio del 9% con una deviazione standard del 29%, ed ha avuto rendimenti negativi 6 anni su 16. Il fatto che abbia la deviazione standard maggiormente alta é sintomo della rischiosità maggiormente alta che ci sono nei mercati emergenti, ma che anche sembrano per adesso retribuire maggiormente i risparmiatori rispetto al caso europeo. Ma un 2% in più di rendimento rispetto allo STOXX 600 valgono il rischio? Notiamo infatti che la variabilità é più alta, il che significa anche che i ribassi possono essere considerevolmente maggiori. Considerato quindi che l'indice nel nostro piano iniziale consisteva nel 20% dell'investimento potrebbe avere senso escluderlo dal proprio portafogli e provare una strategia 50% mercati europei / 50% mercati USA, diminuendo quindi anche un po' le spese.

P.S: riguardo al concetto di deviazione standard (o anche squarto quadratico medio) , si legga la definizione da Wikipedia qui. É un valore che reputo importante in quanto ci fornisce un'indicazione di quanto in media i valori di un indice si discostano dal valore medio, quindi in un certo senso di quanto variano e di quanto si discostano ( 

domenica 12 maggio 2019

Una strategia per la propria pensione anticipata - parte IV

Veniamo da qui.

Durante questa settimana ho ampliato e perfezionato i calcoli dei portafogli ideati nei precedenti post di questa serie, aggiungendo:

- un portafoglio calcolato dai rendimenti storici dall'anno 1998 all'anno 2018
- i portafogli per i periodi 2000-2020, 2001-2021, 2002-2022, 2003-2023. Ricordo che il periodo 2000-2002 é stato un periodo orso per i mercati, quindi era interessante capire come si sarebbe comportato un portafoglio siffatto. I rendimenti per gli anni restanti sono stati calcolati a partire dal rendimento medio dell'indice di riferimento nel caso 2000 - 2020 e 2001-2021. Per i portafogli 2002-2022 e 2003-2023 ho traslato i rendimenti negativi degli anni 2001 e 2002 agli anni finali, simulando quindi un mercato orso alla fine del portafogli.

Per riassumere, il risultato conferma quanto trovato precedentemente: per sperare di accumulare 450K nell'arco di 20 anni il minimo da investire é all'incirca di 12000 Euro l'anno. Si veda il riepilogo qua sotto dal foglio di calcolo che ho usato:


















La media del rendimento dei portafogli é, secondo i miei calcoli, del 6% circa, al netto delle tasse.
Si noti che tra i portafogli simulati vi possono essere casi in cui i rendimenti non sono pari a quelli aspettati (si vedano i casi 1998-2018, 2003-2023 e 2014-2034). Sono questi casi estremi troppo rischiosi? Si e no. Per spiegare meglio, nel caso in cui ci si trovi dopo venti anni di investimento in una di queste situazioni sfortunate, non é detto che tutto sia perduto. Si presume infatti che avendo accumulato un capitale X, non tutto debba essere speso in un anno, ma giusto una frazione di esso. Il restante capitale nel frattempo continuerà ad essere investito e si spera che, dopo una fase ribassista, il mercato sia in rialzo recuperando le perdite. Comunque, secondo i miei calcoli, per evitare questo fenomeno e avere sempre il portafoglio finale pari a 450K,  il capitale annuo da investire dovrebbe essere di 16K circa:


















Altre note metodologiche dei miei calcoli:

- Non sono riuscito a trovare le quotazioni degli ETF per tutti gli anni. Per l'ETF sullo EuroStoxx 50 e S&P 500 le quotazioni storiche partono dall'anno 2010 circa. I prezzi degli anni precedenti sono stati calcolati a partire dal rendimento dell'indice.
- Non sono riuscito a trovare rendimenti o prezzi dell'ETF e indice sugli Emerging Markets precedenti all'anno 2004, per quegli anni ho utilizzato il rendimento medio dell'indice
- Per gli anni in cui i prezzi degli ETF non sono disponibili, i prezzi calcolati non tengono conto dei dividendi (ricordo che ho scelto appositamente ETF ad accumulazione). É quindi possibile che in questi casi il rendimento sia maggiore a quello calcolato (non sono in gradi di quantificare quanto, ma non dovrebbe essere chissà che, nell'ordine del 4-5%).




domenica 5 maggio 2019

Una strategia per la propria pensione anticipata - parte III

Ci eravamo lasciati nel post precedente  che avevamo abbozzato un primo portafoglio, selezionando tre ETF (uno sul mercato europeo, uno sul mercato USA e uno sui mercati emergenti). Durante questo tempo ho abbozzato varie simulazioni su di un foglio Google che saranno pienamente spiegate tra poco, per adesso svelo il risultato a cui sono arrivato.

Per accumulare il capitale che ci siamo prefissato (450000) in 20 anni investendo con il portafoglio da me sopra esposto, bisogna investire nel corso del tempo un capitale di circa 13000 Euro l'anno (1000 euro circa al mese). Risultato un po' deludente, penseranno in molti, visto che significa mettere da parte uno stipendio medio-basso italiano, ma questa é la conclusione a cui sono giunto e che l'attuale stato della mia cultura finanziaria mi ha portato a trovare.

Come sono stati fatti i calcoli? Ho usato un foglio Google ed ho provato a simulare il rendimento del portafoglio in 5 possibili intervalli temporali: 1999 - 2019, 2004 - 2024, 2009 - 2029, 2014 - 2034, 2019 - 2039. Per gli ETF scelti, i dati storici che sono riuscito a trovare vanno indietro fino al 2010/2011 circa. I prezzi precedenti a questo periodo sono stati calcolati a partire dai dati storici sugli indici che ho trovato. Analizziamo un po' quello che é successo nei mercati negli ultimi 20 anni, giusto per dare un'idea al lettore di quali fasi di mercato si siano succedute. Riporto qua sotto il grafico dello S&P 500 negli ultimi 20 anni:



Come si vede il periodo 1999-2001 il trend é stato negativo, per poi avere un'ascesa dal 2003 al 2007. Il 2007 é stato l'anno di una delle maggiori crisi finanziare della storia, che si é riflettuto in una vistosa correzione fino al 2009, a cui é seguito uno dei più spettacolari rialzi degli indici borsistici che sembra durare fino ad oggi. Quindi la simulazione 1999 - 2019 si é beccata i dati storici di due fasi storiche di mercati in ribasso, quella 2004 - 2004 una sola. La simulazione 2009 - 2029 sembra essere la più fortunata in quanto coincide con l'inizio del ciclo rialzista.

Le quotazioni future (fino al 2039) sono state calcolate a partire dal rendimento storico medio di ogni indice e la sua deviazione standard. Ho provato una brutale simulazione Montecarlo che alla fine riduceva i risultati alla lunga a quelli della media standard. Il portafoglio 2014-2034 ha una strategia leggermente diversa, ho quindi simulato 2-3 anni di bear market prendendo i valori minori tra un campione di possibili ritorni dell'indice tra quelli prodotti da una simulazione Montecarlo.

Una nota finale sui costi calcolati. Come detto i tre maggiori costi che un ipotetico correntista in Italia affronterebbe nell'implementare un simile piano sono:

- costi di acquisto / vendita e bolli: sono stati considerati simulando che si compra un ETF in meno ogni anno (la media di un acquisto/vendita é di circa 20 euro per una banca online italiana)
- tassazione: la tassazione sul capital gain al momento é del 26% circa ( era più bassa fino a 5 anni fa). È inclusa nei miei conti, considerando il prezzo medio di carico applicato al momento della vendita.

lunedì 29 aprile 2019

Una strategia per la propria pensione anticipata - parte II

Nel post precedente abbiamo abbozzato un primo portafoglio che deve essere composto in tale maniera:

- 40% mercati Euro
- 40% mercati USA
- 20% mercati emergenti

Proviamo a implementare una tale strategia scegliendo gli indici e i rispettivi ETF. Per quanto riguarda i mercati area Euro, gli indici maggiormente rappresentativi sono l'Euro Stoxx 50, lo STOXX Europe 600 e lo MSCI Europe Index (ovviamente ve ne sono molti altri...). Fare dei raffronti tra i vari é lungo, decidiamo di scegliere il primo in virtù del fatto che contiene esclusivamente azioni di aziende dell'area Euro (gli altri indici contengono anche aziende UK e svizzere). Selezionare un ETF sull'Euro Stoxx 50 é possibile in varie maniere, la rete é prodiga di siti e risorse in tal senso (ad esempio basta andare sul sito della Borsa Italiana, ma in calce a questo post metterò altri link utili.
Per la nostra simulazione ho selezionato questo  ETF iShares in quanto é quello che ha tra i costi più bassi ( 0,1% di commissioni annue), é  ad accumulazione (non distribuisce dividendi ma li reinveste) ed é tra i maggiormente scambiati sul mercato milanese. Questi tre criteri (costi di gestione annui, reinvestimento dei dividendi e liquidità) saranno utilizzati anche nelle seguenti selezioni.

Anche sui mercati USA esistono svariati indici, quelli più noti sono il Dow Jones, il S&P 500 e il . L'ultimo é un indice che rappresenta maggiormente le aziende hi-tech, i primi due sono indici che rappresentano azioni del NYSE (la borsa storica di New York). Seleziono lo S&P 500 in quanto composto da un maggior numero di azioni. Un ETF che possiamo utilizzare per investire su di esso é questo, sempre ad accumulazione e con un 0,07% di commissioni annue ed in dollari.
NASDAQ

Sui mercati emergenti l'indice principe é il MSCI Emerging Markets, che può essere replicato con un ETF Lyxor (qui la scheda sempre dal sito della Borsa Italiana). L'ETF in questione ha un 0.55% di commissioni annue ed é in Euro.

Su quale periodo storico impostare la nostra simulazione? Il primo problema é che i primi due ETF sono stati quotati nel 2010, mentre il MSCI Emerging Markets nel 2008. Il periodo dal 2010 fino ad oggi é stato uno dei maggiori bull market della storia umana quindi in un certo senso la nostra simulazione ne potrebbe essere inficiata. Ma d'altro canto gli ETF hanno iniziato a diffondersi proprio in questo periodo ed é difficile trovare altri strumenti di rimpiazzo. Sarebbe quindi importante avere una simulazione a 20 anni (dal 1999 ad oggi), durante i quali vi sono stati due bull market e due sgonfiamenti importanti.

Discutiamo adesso di un grosso elefante nella stanza che non ho finora toccato: quali sono le spese nell'investire. Nel nostro test terrò conto essenzialmente delle seguenti:

- spese tenuta conto
- spese di compravendita titoli
- tasse sui capital gain

Link utili per individuare gli ETF:

- Sezione ETF del sito della Borsa, link
- Sito Morningstar Italia, link
- JustETF, link

venerdì 5 aprile 2019

Una strategia per la propria pensione anticipata - intro

Fino ad adesso ho essenzialmente trattato di argomenti di finanza generale, obbligazioni, azioni, ETF. Ho provato a fornirvi tutta una serie di elementi teorici e a farvi conoscere gli strumenti principali che serviranno a implementare il nostro agognato scopo. Vi avevo anticipato un primo abbozzo di cosa si tratta in uno dei primi post del blog ( qui ). Ricapitolando, una persona che inizia a lavorare dovrebbe essere in grado di risparmiare un po' di soldi che nel corso degli anni investe sperando di riuscire a maturare un capitale tale da garantirgli una rendita nel corso degli anni.

Cosa voglio provare a fare é simulare un simile piano con strumenti e casi reali, per riuscire a capire (e nel caso dimostrare) se un early retirement é possibile e realizzabile.
Una prima ipotesi é quella che il nostro ipotetico early retirer sia una persona che vive e lavora in Italia e che parta da capitale 0. Ritengo importante puntualizzarlo, in quanto tutti i blog/risorse che trovate in rete si riferiscono a un caso medio di uno statunitense, e quindi si riferiscono al caso USA, dove esiste tutta una serie di regolamentazioni (tassazione, fondi pensione) di cui un italiano non potrà mai godere e usufruire.
Quanto capitale bisogna accumulare? Come forse avrete capito, questa é una domanda molto personale e dipende dallo stile di vita. Nel nostro post iniziale avevo posto come obiettivo di vivere con 1000 Euro al mese, ma forse é un po' poco quindi proveremo a raggiungere una rendita di 1500 Euro al mese, anche per, un certo senso, avere una sorta di cuscinetto in casi di emergenza.
La simulazione che cercherò di fare é la seguente: quanto risparmio annuale e per quanti anni una persona deve riuscire a mettere da parte per raggiungere l'agognato montante di 450000 Euro ( ve la ricordate la famosa regola del 4% )? Ma come calcolare il tutto? Semplicemente calcolando il risultato di investimenti reali nel corso degli anni. Ma a questo punto vi starete chiedendo: si ma quale é questa benedetta strategia? Qui si apre un discorso lungo, ma come avete capito dai precedenti post per me la cosa migliore da fare sarebbe accumulare nel tempo ETF, sbilanciandosi sull'azionario. Nel caso il perché di questa scelta non sia chiara, consideriamo che una persona ha tre principali classi di investimento disponibili: immobiliare, obbligazionario e azionario. Mai stato un grande fan dell'immobiliare e vari studi hanno dimostrato che alla lunga non rende più di tanto rispetto alle altre classi. Ma se siete ancora degli irriducibili considerate questo: se partite da un capitale 0, prima di poter investire in immobili dovrete accumulare un certo capitale iniziale, quindi mettere qualche soldo da parte, che magari a questo punto vorrete far fruttare. E si ritorna quindi alla scelta tra azionario e obbligazionario. Il secondo da rendimenti certi, ma il primo storicamente, anche se maggiormente rischioso, ha un ritorno maggiore (un interessante esercizio però potrebbe essere di simulare anche un piano obbligazionario e confrontarlo con uno puramente azionario, chissà...).
Come ampiamente discusso, per me il miglior modo di investire nell'azionario é di puntare sugli ETF. Se siete particolarmente bravi potete provare con le singole azioni, ma nella maggior parte dei casi non vi crediate di riuscire ad ottenere grandi risultati. Inoltre se non siete proprio degli esperti é abbastanza certo che vi farete del male...
Ma in concreto, come si investe in ETF? Quali scegliere e con quale strategia? Cercheremo di rispondere a queste domande nei prossimi post, alla prossima.


domenica 17 febbraio 2019

Uno sguardo approfondito agli ETF - parte III

Nota iniziale: terzo capitolo della serie sugli ETF, per chi fosse interessato ecco il primo e secondo capitolo.

Cosa possiamo dire ancora sugli ETF? In ordine sparso sono rimaste ancora alcune cose da dire per comprendere appieno questi strumenti e come operarci correttamente. In questo post esporrò alcune considerazioni sparse su di essi.

- Il concetto di NAV: questo era un argomento importante fino a quando non hanno cambiato il regime di tassazione, ma é importante saperlo. L'acronimo significa Net Asset Value ed é essenzialmente il valore di tutte le azioni a prezzi di mercato possedute da un ETF diviso il numero delle quote stesse.
Questo significa che il NAV rappresenta il valore reale di una quota, ma quando comprare/acquistate potete avere valori differenti da esso. Avrei dovuto parlarvene nel post precedente, quando ho disquisito di tracking error.

- La liquidità di un ETF: questo é una problematica comune a tutti gli strumenti di investimento, ma nel contesto degli ETF possiamo definirla come la possibilità di comprarli/venderli facilmente in ogni momento ed a un prezzo allineato il più possibile a quello dell'indice. Per fare un esempio estremo, avete acquistato le vostre quote di ETF in passato e volete rivenderle, andate sul vostro bel conto on line e non vedete alcuna proposta in acquisto e una in vendita. Ma voi volete venderlo a ogni costo, cosa fate? Tecnicamente inserite un ordine al meglio, che significa che dite alla vostra banca di venderlo a qualsiasi prezzo. Cosa succede poi? Che anche l'emittente dell'ETF ve lo compra al prezzo minimo consentito (se vi ricordate hanno un obbligo di tenere un differenziale minimo con il valore reale dell'indice), e poi rivende le azioni della quota sul mercato facendoci un piccolo guadagno. Sono cifre minime, ma un po' da fastidio... Per legge questo non può accadere, data che da regolamento un emittente deve presentare almeno un offerta in acquisto ed una in vendita. Ma anche in questo caso, come dire, potrebbe fare il bello e cattivo tempo e presentare offerte al limite...
Quindi sarebbe meglio se ci fossero molte offerte in vendita e acquisto, in maniera da avere in ogni momento il prezzo allineato il più possibile al valore reale o NAV. 
Considerando che ci sono molti emittenti di ETF che spesso offrono prodotti sugli stessi indici, un possibile criterio per selezionare quello giusto é anche tenere conto di questi aspetti, controllando se in media l'ETF ha un volume di compravendita maggiore rispetto ad altri. Come si fa? Esistono una marea di siti finanziari con questi dati, ma anche sul sito di Borsa Italiana potete farvi un'idea. Facendo ad esempio il caso del nostro ETF sul MIB presentato nel primo post di questa serie, dal sito di Borsa Italiana (qui il link), avete i dati di quanto viene scambiato (numero di contratti giornalieri/mensili e il loro controvalore)

- La fiscalità di un ETF: tra i vari costi che vi sono nell'operare negli ETF bisogna tenere in considerazione anche ovviamente le tasse da pagare. Quanto sono? La tassazione é stata semplificata a partire dal 2014 (prima bisognava tenere conto del NAV al momento della vendita/acquisto), ed in breve é del 26% sui possibili guadagni (comprate ad un prezzo minore di quello a cui rivendere e l'aliquota si applica al guadagno fatto) e sulle possibile cedole distribuite. Al riguardo di questo ultimo punto, ribadisco la mia preferenza per gli ETF ad accumulo, che non distribuiscono cedole ma le reinvestono aumentando il prezzo degli ETF, anche per motivi di semplificazione fiscale

- Rischio valuta: molti ETF in realtà sono in dollari americani. Generalmente gli ETF sulle borse europee sono in Euro, ma molti si riferiscono a mercati extra UE (quelli USA tipo Nasdaq o Dow Jones, o anche il Nikkei giapponese o il BOVESPA brasiliano) e anche se quando li comprate versate Euro, il loro valore é in dollari americani (controllate la cosiddetta valuta di denominazione), vi esponete quindi anche al rischio cambio. Il deprezzamento/apprezzamento influirà sul valore dell'ETF. Esistono ETF che coprono da questo rischio, i cosiddetti ETF Hedged, che garantiscono che il prezzo rimane costante rispetto al valore dell'indice, ma al prezzo di maggiori commissioni di gestione (ma in genere non particolarmente maggiori).

Direi che con questo abbiamo finito la  nostra descrizione degli ETF. In questa serie mi proponevo di descrivervi gli aspetti salienti di questi strumenti finanziari e darvi alcuni criteri di scelta. Rimane adesso una domanda da un milione di dollari, come, quando e perché utilizzarli in una strategia di costruzione di una rendita, ma di questo parlerò in futuro.

Vi lascio per adesso con alcuni link informativi che potete trovare anche semplicemente googlando, e che invero ho utilizzato io stesso nella preparazione di questi post:


giovedì 7 febbraio 2019

Uno sguardo approfondito agli ETF - parte II

Continuiamo la nostra trattazione degli ETF ( la prima parte di questa serie la trovate qui ).

Come funziona realmente un ETF? E come é possibile sottoscriverlo/acquistarlo? Come forse avrete capito, gli ETF sono come dei titoli liberamente acquistabili sui mercati finanziari, come un azione qualsiasi, ed in particolare sono disponibili per un investitore italiano sulla borsa di Milano (tecnicamente il mercato ETFPlus, qui la sezione sul loro sito). Visto quello che abbiamo detto finora, a qualcuno può essere venuto il seguente dubbio: noi stiamo comprando un paniere di titoli, che si suppone abbia un valore definito, quindi mi aspetterei che un ETF abbia un valore fisso nel tempo, che replichi esattamente il valore di questo indice. Come é quindi possibile che sia negoziato online (significa che il prezzo é fluttuante in maniera quasi istantanea)?

Proviamo a spiegare il tutto partendo dalle basi e con un esempio molto semplificato. Supponiamo di avere un indice composto solo da due titoli, A e B. Sulla borsa trovate un ETF su questo indice, chiamiamolo X, emesso da un'azienda finanziaria fittizia chiamata ETFY. Cosa fa in realtà ETFY? Raccoglie soldi sul mercato per comprare i titoli che compongono l'indice X e creare una quota del proprio ETF. Supponiamo che una quota di questo ETF contenga esattamente le due azioni di cui sopra, che in un determinato istante valgono una 20 e l'altra 10 euro, il valore della quota dovrebbe essere quindi di 30 euro. Supponiate che volete comprare questo ETF, cosa succede in realtà? Andate sul vostro bravo conto on line, vedete un'offerta di vendita di che so, 1000 pezzi a 30 euro da ETFY, ne comprate 10 titoli (o quote, in questo contesto possiamo considerarli sinonimi) sul mercato. Usando un primo semplicissimo modello, ETFY si prende  300 euro da voi, compra 10 azioni di A, 10 azioni di B e le deposita presso la propria banca fiduciaria. Complimenti, avete acquistato la vostra prima quota di ETF! Sul vostro conto titoli risulterete possessori di X, che é come avere le corrispettive azioni A e B in un qualche conto della banca fiduciaria di ETFY.
Ma come forse saprete, le azioni sono negoziate in tempo continuo, e il loro valore fluttua costantemente, per adesso supponiamo che dopo un anno vi siete stufati, volete vendere la vostra bella quota dell'ETF X. Dopo un anno fortunatamente A vale 22 e B 15, andate sul vostro bellissimo conto on-line e notate che la quota adesso vale 370 euro. Cosa fa ETFY? Per adesso diciamo che é come se prelevasse le azioni dalla vostra quota dalla banca fiduciaria, le rivendesse per voi e indietro vi da 370 euro. Semplice, no!
Peccato che nei fatti questo é molto irrealistico, per tutta una serie di motivi che potremmo riassumere in:

- le azioni sottostanti ad un indice sono negoziate in tempo reale continuamente e il loro valore varia continuamente, un emittente di ETF molto difficilmente riuscirà a comprare/replicare in maniera perfetta il prezzo.
- quando comprate un azione sul mercato, significa che non siete l'unico venditore/compratore di un titolo (eccetto l'emittente dell'ETF stesso), ci saranno molti altri come voi che acquisteranno e/o compreranno immettendo ordini al proprio prezzo (c'é ad esempio chi metterà un prezzo leggermente inferiore al vostro e viceversa).
- a volere essere maliziosi o complottisti: chi mi garantisce che ETFY realmente replichi l'indice? Gli emittenti di ETF possono (e nei fatti pare anche lo facciano) sfruttare molte discrepanze. Tornando al nostro esempio, supponiamo che al momento del nostro acquisto trovate una quota in vendita a 30 euro, mentre le azioni sottostanti valgono 29,8. Una emittente comprando le suddette azioni realizzerebbe un piccolo guadagno di 0,2 comprandole sul mercato e rivendendole a voi sotto forma di una quota di un ETF, senza che voi neanche ve ne accorgiate. O anche, nel caso della vendita a 37, nel caso il valore del sottostante azionario sia 37,2, vendendo le azioni della quota l'emittente realizzerebbe un piccolo guadagno di 0,2 euro. Questo é il cosiddetto effetto arbitraggio. Come si viene garantiti in sostanza?

Tutto questo per introdurre il cosiddetto tracking error: come forse avrete capito é praticamente impossibile avere una replica perfetta dell'indice sottostante, in quanto in genere gli indici sono molto più complessi e variegati dello stupido esempio che vi ho appena fatto, quindi é inevitabile che una discrepanza tra indice e quota vi sia.
La risposta é che gli emittenti sono tenuti per legge a garantire un certo spread (differenza) tra il prezzo a cui vendono le quote e le acquistano, con il valore dell'indice (i vari mercati azionari sono rigidamente regolamentati da leggi). Inoltre il fatto che molti altri attori operino sul mercato in acquisto/vendita garantisce una certa liquidità che fa allineare i prezzi (ad esempio molti altri soggetti/società finanziarie provano a fare arbitraggi sugli stessi ETF, paradossalmente restringendo la forchetta dei prezzi tra valore indice e valore ETF (i guadagni di 0,2 euro per azione possono essere considerati ridicoli, ma se considerate i veri volumi di acquisto/vendita che circolano iniziano ad essere interessanti). Ma in ogni caso, come avrete capito, un certa differenza tra valore di un ETF e dell'indice sottostante é inevitabile.

Il problema del tracking error ci permette di introdurre un'altra classe di ETF, i cosiddetti swap based ETF. Cosa sono? Tornando all'esempio precedente e in tutti quelli fatti finora, abbiamo sempre detto e assunto, che un emittente di un ETF detiene le azioni di un indice presso la banca fiduciaria, ed é come se, detenendo una quota di un ETF, si sia detentori delle azioni stesse. Questo ha anche un altro interessante vantaggio: nel caso l'emittente fallisca, si é tutelati dal fatto che le azioni sono depositate presso un'altra banca e quindi non toccate dal fallimento.
Gli ETF swap based sono invece una particolare classe di ETF che non replica l'indice comprando direttamente i titoli sottostanti, ma comprando degli strumenti finanziari chiamati total-return swap. In ambito finanziario, un total-return swap può significare molte cose (si veda la pagina su wikipedia ), ma nel contesto di un ETF ve la posso spiegare in questo modo: la società che emette ETFY trova un'altra azienda finanziaria (una banca ad esempio), che é disposta a corrispondergli, dietro pagamento, il valore dell'indice. In versione molto sofisticate, questo contratto può anche essere molto più complesso di come ve lo ho presentato (scusatemi ma certe sottigliezze dell'ingegneria finanziaria non arrivo a capirle), ma il succo é: se comprate un ETF swap based non sarete in alcun modo detentori di alcun titolo, ma che i soldi che avete versato all'emittente all'acquisto sono depositati in contante in qualche banca e replicheranno nel tempo quello di un indice.
Come questo avvantaggia un investitore? La questione é molto dibattuta, ma essenzialmente questa tipologia di ETF promette un tracking error più basso, e quindi in genere costi ridotti. Inoltre in molti paesi, rispetto a un ETF normale ci sono dei vantaggi fiscali (ma non per il caso italiano).
Ma uno svantaggio di questo ETF é che ha un rischio emittente più alto, in caso di fallimento della cosiddetta controparte (nel nostro esempio la banca che offre il contratto di swap), tutti i soldi dell'investitore saranno persi. Non ho statistiche a portata di mano sull'incidenza di questi fallimenti, storicamente non ne ricordo uno, ma é comunque un elemento di incertezza che non fa propendere verso questa classe di strumenti.
In definitiva ha senso preferire uno swap based ETF rispetto ad uno normale? Non proprio, ma giusto se ne trovate uno equivalente con commissioni più basse e liquidità maggiore.


domenica 27 gennaio 2019

Uno sguardo approfondito agli ETF - parte I

Abbiamo introdotto nel post precedente gli ETF e abbiamo visto che sono lo strumento ideale per investire su di un indice, in maniera da replicare la performance media di esso. In questo post mi prometto di descriverli in maniera più approfondita.

Dato che, come dicevano gli antichi romani, repetita iuvant, riproponiamo una prima sintetica definizione di ETF. Gli ETF sono dei fondi di investimento a gestione passiva, dove il gestore si limita semplicemente a comprare i titoli che fanno parte di un indice rappresentativo di un mercato azionario. Gli ETF sono emessi e gestiti da società finanziarie e quotate in borsa. Per partire da un esempio, supponiamo che si voglia investire sul mercato azionario italiano e  decidiamo di provare a farlo puntando sull'indice FTSE MIB, l'indice delle 40 maggiori aziende per capitalizzazione e/o grandezza. Quale strumento ci permette di farlo? Esistono vari ETF che replicano questo indice, per darne un esempio, consideriamo questo quotato sulla borsa di Milano, dal roboante nome di Ishares Ftse Mib Ucits Etf Eur Acc. iShares (vi diventerà molto familiare questo nome) é il nome di una serie di ETF creati e gestiti da BlackRock, un'azienda finanziaria americana leader nel settore. Se andiamo sul loro sito, possiamo trovare informazioni dettagliate sull'ETF in questione (qui).
Una prima sezione sulla quale vale la pena soffermarci é quella denominata Partecipazioni : qui l'emittente semplicemente da una lista della composizione in percentuale del fondo (possiamo trovare informazioni sull'indice FTSE MIB da Yahoo Finanza qui). Alla data di stesura di questo post, si evince che questo ETF é investito maggiormente su ENEL, ENI e Intesa San Paolo (riporto qua lo screenshot preso direttamente dal loro sito):























Dalla scheda del prodotto, si ricavano altre interessanti proprietà, quella che ci interessa maggiormente al momento é quella chiamata Total Expense Ratio, che é dichiarato di essere dello 0,33%. Cosa é in pratica? Rappresenta i costi di gestione annuali che dovrete pagare per detenere la quota di questo ETF. Quali costi di gestione ha un emittente di ETF? Per gestire un simile strumento bisogna avare comunque una infrastruttura ( persone, IT etc.) che controlla l'indice, compra le azioni che lo compongono sui mercati. Inoltre le azioni fisiche che si comprano vengono depositate presso una banca fiduciaria.
Come vengono pagati da un sottoscrittore questi costi? Essenzialmente i gestori si rifanno dei costi di un ETF deducendo una quota giornaliera dal valore della quota. Quando poi un sottoscrittore vende la propria quota, quello che realizzerà sarà diminuito delle commissioni. Supponiamo ad esempio che si é comprato una quota di un ETF dal valore di 100 euro. La si detiene per un anno, durante il quale il sottostante della quota (in sintesi, il valore sul mercato di tutte le azioni che compongono la quota) vale sempre 100 (evento altamente improbabile, ma perdonatemi questa semplificazione). Ci si aspetterebbe di ricevere 100 indietro, ma invece si  ha sul proprio conto 99,67, questo perché il gestore ha direttamente prelevato dal patrimonio dell'ETF le proprie commissioni di gestione. Nella realtà il valore del paniere di titoli varierà ovviamente di giorno in giorno, ed il gestore tratterrà per coprire le proprie spese una quota giornaliera rapportata annualmente al TER , il tutto verrà riflesso nel prezzo dell'ETF. Un normale investitore, non dovrà però pagare commissioni nel mentre che possiede un ETF, ma é come se le pagasse al momento della vendita.
Sullo spinoso argomento dei costi, é importante specificare sin da ora che ce ne saranno altri (commissioni di compravendita, tasse, tracking error) che non sono inclusi nel TER e di cui tratterò nei prossimi post.

Un'altra interessante caratteristica di questo ETF, é che é ad accumulo, nel caso aveste notato che il nome finisce con un interessante segno (Acc). Cosa significa? Un'azione generalmente paga un dividendo, cioè una cedola annuale, che rappresenta una parte dell'utile (nel caso ve ne sia uno...) che la società decide di distribuire agli azionisti. Detenendo un ETF delle azioni, questo significa che un possessore di una quota dovrebbe anche riceverli. Qui dobbiamo quindi introdurre un'altra possibile classificazione delle tipologie di ETF: quelli ad accumulo e quelli a distribuzione. L'ETF di cui parliamo in questo post, tecnicamente é un ETF ad accumulo, che significa che non distribuisce i dividendi delle azioni sulle quali investe, ma che le reinveste. E in cosa le reinveste? Con i dividendi che riceve, compra altre azioni dell'indice stesso. Per un investitore, questo significa che la propria quota conterrà altre azioni e quindi in un certo senso aumenta di valore (ma può anche diminuire, ricordatevi che le azioni su cui investe possono aumentare o diminuire di valore, nel frattempo!). E nel caso uno sia interessato a ricevere i dividendi? Esistono anche ETF a distribuzione, il che significa che il detentore di una quota riceve i dividendi sul proprio conto. Sempre iShares ha ad esempio un ETF che fa questo lavoro sul MIB, speculare a quello di cui vi ho finora parlato, dal nome di iShares FTSE MIB UCITS ETF EUR (Dist) (notate il Dist alla fine), di cui trovate la scheda qui.   Se leggete attentamente la scheda, si noterà che ha una frequenza di distribuzione semestrale, il che significa che un investitore si dovrebbe aspettare ogni sei mesi delle cedole sul proprio conto. Se andate alla sezione Proventi della pagina in questione (sulla colonna sinistra) e cliccate Distribuzione, potete vedere lo storico delle cedole corrisposte a i sottoscrittore di questo ETF.
É meglio un ETF a distribuzione o ad accumulazione? Se volete avere un flusso di rendimenti annuo meglio sicuramente un ETF del primo tipo, però io personalmente preferisco gli ETF ad accumulazione. Il motivo? Le cedole che riceverete non saranno, in percentuale sulla cifra investita questo granché, e comunque saranno tassate. Nel caso degli ETF ad accumulo, le cedole saranno reinvestite in altre quote che aumenteranno il patrimonio investito nell'ETF e quindi, in caso di gain si avranno guadagni maggiori che si avranno in caso di liquidazione dell'investimento.

domenica 20 gennaio 2019

La rivoluzione dell'index investing

Abbiamo parlato nell'ultimo post del risparmi gestito e dei fondi di investimento e ci eravamo fermati al seguente dilemma: come fare a capire quali sono i gestori e/o fondi giusti, che possono garantirci un buon rendimento, tale magari da giustificare le commissioni che dovremmo pagargli? Intorno a questo quesito l'industria e la stampa finanziaria si é scervellata per molto tempo, fino a quando una nuova classe di fondi di investimento, detta fondi passivi o tracker e una nuova filosofia di investimento, index investing, ha iniziato a diffondersi a partire da all'incirca dalla seconda parte degli anni '90.

Per spiegarla dobbiamo iniziare dal concetto di indice azionario. In ogni borsa sono quotate una miriade di aziende, come fare a dare un'idea del valore complessivo o dell'andamento di un determinato mercato azionario? Ci si riferisce genericamente a un indice, tipicamente in insieme delle azioni più rappresentative del mercato stesso. Il valore di un indice é la media dei prezzi di un insieme di azioni, questa media é tipicamente di due tipi: o una media pesata in base alla capitalizzazione (la capitalizzazione totale di un'azienda é il valore totale di essa sul mercato, quindi in questo caso significa che le aziende con capitalizzazione più alta hanno un peso maggiore nell'indice) o anche una semplice media pesata dei prezzi delle azioni.
Ad esempio per la borsa di Milano ci si riferisce all'indice MIB (precisamente FTSE MIB), che é l'insieme delle 40 aziende italiane con maggiore capitalizzazione ( da Yahoo Finanza possiamo vederne la lista). Sempre sulla borsa milanese esistono vari indici per tracciare le altre tipologie di aziende quotate, ad esempio il FTSE Mid Italia é essenzialmente l'indice delle aziende di medie dimensioni, e il FTSE Italia Small Cap quello delle piccole aziende.
Nel ricco mercato statunitense esistono anche vari indici, il più celebre é il Dow Jones, un indice delle 30 compagnie più importanti, ma parimenti importante é lo S&P 500 e per i titoli tecnologici il NASDAQ (il NASDAQ in realtà é il mercato azionario dedicato ai titoli tecnologici). Gli indici venivano utilizzati anche come benchmark o punto di riferimento per valutare la bontà di un fondo di investimento: se il suo rendimento é superiore in un dato periodo alla performance di un indice  di riferimento, possiamo dire che il gestore ha fatto bene il suo lavoro. In caso contrario (come spesso accadeva), avremmo anche potuto affermare che si sarebbe potuto anche costruirsi un portafoglio titoli semplicemente scegliendo a caso delle azioni.

A partire dagli anni '90 furono creati degli strumenti di investimento che replicavano fedelmente l'andamento di un indice: gli Exchange Traded Fund detti anche ETF (o anche trackers). Cosa sono veramente? Possiamo considerarli, per adesso semplicemente come dei fondi di investimento che invece di avere un gruppo di analisti/strateghi che scelgono delle azioni su di un determinato mercato si limitano a replicare l'andamento di un indice comprando le azioni che lo compongono. Riferendoci al caso dell'indice MIB, un ETF su di esso idealmente compra le azioni di tutte e 30 le aziende che lo compongono, ognuna in proporzione al peso che ha nel paniere. Quindi comprando una quota di un ETF, si riuscirà ad avere quote di azioni che compongono l'indice, replicandone quindi abbastanza fedelmente l'andamento.
Quali implicazioni ha questo per un investitore normale? Ricordiamoci che siamo sempre nell'ottica di un confronto con un normale fondo di investimento, rispetto ad essi un ETF ha spese più basse. Un'azienda che gestisce un ETF risparmia notevolmente sui costi di gestione, non deve pagare uno stuolo di analisti o gestori visto che si limita a comprare/vendere azioni da una lista già predefinita.
Per prima cosa un ETF non ha costi di entrata o di uscita, ma costi di gestione che in Italia possono variare tra il 0,2% e il 1% (per un fondo attivo sono in media del 2%). Questi costi sono dedotti dalla quota del fondo, e non sono pagati dal sottoscrittore (semplicemente, il valore del fondo nel corso del tempo diminuisce e quindi saranno pagato al momento della liquidazione della propria quota). In questa maniera ci si riesce a garantire un rendimento pari almeno a quello del mercato di riferimento e allo stesso tempo si garantisce una diversificazione ragguardevole.
Gli ETF sono quotati sui mercato come un azione qualsiasi, e questo significa che possono essere acquistati/venduti in ogni momento, a differenza di un fondo di investimento che é invece in genere liquidabile solo direttamente presso la  banca e/o intermediario che lo ha piazzato.
É da precisare che gli ETF sono utilizzati anche per altre classi di investimento: esistono ETF che investono in obbligazioni o materie prime, ma in questo post e nei restanti ci riferiremo maggiormente agli ETF azionari.


mercoledì 7 novembre 2018

Cosa mi hanno insegnato i giocatori di football professionisti

A rich man is nothing but a poor man with money. – W. C. Fields
Fino adesso ho parlato maggiormente di argomenti puramente finanziari. Ho sempre detestato i discorsi motivazionali e non mi prefiggo di far cambiare idea alla gente e fondare una nuova setta. In generale mi sento in difficoltá a dare consigli di vita.
Ma voglio essere chiaro: la via per l'indipendenza finanziaria passa anche attraverso un cambio delle proprie convinzioni e soprattutto delle proprie abitudini, specialmente e soprattutto nel caso in cui partiate da zero. 
Se non avete alcun capitale iniziale, dovete crearvi in un qualche modo un surplus. E per crearvelo, potete procedere in due modi direte, guadagnare di più o risparmiare. Ma anche se opterete per la prima via, la chiave del successo sarà il controllare le proprie spese.

Nel mio piccolo sono un grande fan degli sport americani. Come magari sapete, gli atleti professionisti che hanno militato nei campionati tipo NBA o NFL in carriera hanno guadagnato cifre enormi (si parla, nei casi più estremi di circa un centinaio di milioni di dollari). Secondo però alcuni studi, dopo il ritiro molti finiscono in difficoltà economiche finanziarie. Secondo un oramai celebre articolo di Sport Illustrated dal titolo "How (and why) athletes go broke" (traduzione: come (e perché) gli atleti finiscono in bancarotta, il link qui), ad esempio:

- Il 78% dei giocatori di football americano che hanno giocato nella NFL finisco in bancarotta o in ristrettezze economiche a due anni dal ritiro.
- Il 60% dei giocatori NBA (il maggiore campionato professionistico americano e al mondo di basket) sono finiti in bancarotta a 5 anni dal loro ritiro.

Se conoscete bene l'inglese, vi invito a leggere per bene l'articolo. Contiene tutta una lista di cose da non fare, se si vuole avere una vita finanziaria tranquilla. Tra le varie cause di questo fenomeno, viene sempre citato l"esagerato stile di vita e abitudini di spesa a cui si sono assuefatti molti sportivi di successo, che fagocita tutti le loro fonti di reddito, e in secondo luogo perché non hanno idea di come investire e/o si affidano a persone che finiscono per ingannarli.

Si ritorna quindi, a come avevo già scritto, all'importanza di avere una solida cultura finanziaria e di iniziare a risparmiare.

mercoledì 12 settembre 2018

Come pianificare la propria pensione anticipata

In uno dei primi post abbiamo pianificato una prima strategia per il nostro early retirement. Riassumo qui, dobbiamo capire quale é il nostro stile di vita e accumulare un capitale necessario per sostenerlo. Per determinare il capitale utilizzeremo la regola del 4%.
In questo post vi proporró un semplice esercizio per iniziare a farvi riflettere su come pianificare il tutto, tutto quello che vi servirá sará semplicemente Excel (anche un foglio Google online andrá piú che bene).

La mia prima ipotesi é che partiate non avendo alcun capitale iniziale, ma un semplice lavoro che vi permette, si spera, di mettere da parte qualcosa ogni anno. Lo so che nell'attuale situazione lavorativa economica italiana é difficile (io infatti ho risolto andando a lavorare all'estero), ma purtroppo da qui non se ne scappa: per poter sperare in una vita di rendita dovete avere o dei soldi da parte, o accumularli.
Allora prendete un foglio di calcolo, create una colonna per gli anni, un'altra con il capitale totale. Supponiamo che riusciamo a risparmiare all'incirca tot euro l'anno. Questo capitale lo investiamo costantemente e ad ogni anno ci aggiungiamo quanto riusciamo a risparmiare (sempre la stessa cifra). A che tasso renderá il capitale? Questo punto é cruciale, e sará vivisezionato in futuri post. Per adesso vi posso dire che vari studi storici hanno appurato che il tasso medio di rendimento del mercato azionario é di circa del 10%. La soluzione piú semplice é quella di investire sull'indice del mercato, e piú specificamente con gli ETF. A titolo di esempio, supponiamo che ci accontentiamo di vivere di 1000 euro al mese, giochicchiando con un semplice foglio di calcolo, viene fuori che basterebbe riuscire a risparmiare all'incirca 6000 euro l'anno, stante il fatto che riusciamo a farli fruttare il 10%. Sorprendente, no? O forse é solo la magia dell'interesse composto...

Impostare un foglio di calcolo cosí  é relativamente semplice, in ogni cella per calcolare il capitale accumulato ogni anno basta inserire una formula che somma il valore della cella sopra, moltiplicato per il tasso di rendimento annuo sommato ovviamente alla somma che si riesce a risparmiare annualmente.
Per aiutarvi, imposta anche una colonna risparmio annuo e rendimento annuo, referenziatela nella colonna di calcolo del capitale come una costante in Excel. Se puó esservi di aiuto, nel foglio che vedete in questo post, la colonna B2 é semplicemente uguale a C2 (quindi =$C$2), dopodiché per impostare le restanti colonne vi basta inserire una formula tipo =B2*$D$2+B2 nella colonna C3, facendo copia e incolla nelle restanti celle della colonna avrete il resto. Se impostate il foglio in questa maniera, potete giocare anche con i valori, variando i valori di risparmio annuo e rendimento annuo potete avere una idea di quanto tempo ci vuole ad accumulare quello che serve.

Cosa ci dice questo esempio? L'esempio ci fa capire l'importanza di avere un piano di risparmio costante nel tempo e del sapere investire adeguatamente. Prima si parte, meglio é, é inutile illudervi. L'esempio del capitale da raggiungere, 300000 euro circa, é secondo me il limite minimo da raggiungere per sperare di poter vivere di rendita, ma sarete al limite dell'indigenza. Un'idea per rendersene conto, é una pagina dal sito dell'ISTAT che calcola la soglia di povertá assoluta in Italia (disponibile qui). Come detto, giocando con questi valori si puó avere un'idea di quanto puó servire. Sinceramente consiglierei piú di provare a risparmiare sui 10000 euro l'anno. L'esempio proposto qui dei 6000 é piú un limite minimo teorico. Ottenere un 10% di rendimento annuo puó anche essere considerato ottimistico, quindi sará necessario sbilanciarsi molto sull'azionario.






lunedì 30 luglio 2018

L'importanza della cultura finanziaria e del risparmio

Se avete letto i post di questo blog, vi sarete accorti che parlo spesso di concetti quali capitale accumulato ed investimenti. Se veramente volete seguire il sogno di andare in pensione prima e vivere di rendita, come avrete capito, avrete bisogno di avere un capitale da parte e di fare in modo di farlo fruttare, quindi in definitiva saperlo investire.
Questo blog non si pone di trattare di finanza e investimenti, ma gli argomenti sono strettamente legati e giocoforza sconfineró in essi. In futuro credo quindi che tratteró il tema degli investimenti in generale, provando a spiegare le generali classi di investimento e scrivendo articoli sul loro andamento generale.
Al giorno di oggi avere una buona e sana cultura finanziaria dovrebbe essere indispensabile per tutti, l'argomento per me dovrebbe essere materia di studio obbligatoria nelle scuole. Ma mi accorgo che molta gente, semplicemente, non ne sa molto e sembra non curarsene. Farsi una cultura finanziaria al giorno d'oggi non é particolarmente complicato, la rete é piena di risorse e molti libri sono stati scritti al riguardo: basta quindi giusto la buona volontá, avere rudimenti di matematica e sale in zucca.
Non fate affidamento a soggetti terzi (tipo banche e consulenti finanziari): in genere in questi settori i conflitti di interesse sono alti e i costi anche, che vi ritroverete con amare sorprese.
L'unica eccezione che mi viene in mente, é quella in cui siate fortunati da avere a disposizione capitali ingenti, che potete convertire in rendite o affidare a consulenti indipendenti, ma anche li dovete stare attenti a vigilare attentamente.
Altro tema spesso sottaciuto é quello del risparmio. Molti non risparmiano affatto e campano alla giornata, mentre dovrebbero pensare a mettere qualcosa da parte, se no vogliono trovarsi con brutte sorprese in caso di imprevisti. So che risparmiare é difficile, soprattutto se si vive in Italia con il mercato del lavoro che vi é al momento, ma spero che almeno vi poniate il problema di mettere da parte qualcosa.

martedì 24 luglio 2018

La regola del 4%, detta anche Trinity Studio

Supponiamo di voler provare a vivere solo con i propri risparmi (senza avere un lavoro o altre forme di reddito), di quanto capitale  una persona avrebbe bisogno in totale per sostenere lo stile di vita che si é pianificato di avere?
Esistono varie teorie al riguardo, ma la piú comunemente accettata e seguita é la regola del 4% (four percent rule). La regola é anche chiamata Trinity Studio, in riferimento alla ricerca in cui é stata presentata per la prima volta, opera di tre professori di finanza della Trinity University, un college americano situato in  Texas (qui il link allo studio originale).

Il titolo originale dello studio é: "Retirement savings, choosing a withdrawal rate that is sustainable" (risparmi per la pensione, determinare un tasso di prelievo sostenibile). Nello studio gli autori semplicemente si chiedono quanto si puó prelevare da un dato capitale (investito in attivitá finanziarie) in maniera tale che non si esaurisca prima di 30 anni. Il risultato a cui arrivano é che la percentuale di capitale che si puó prelevare (ottenuta confrontando i rendimenti storici di vari portafogli di investimento) é il 4% all'anno.


Come applicare questo risultato al nostro caso? Lo studio ci aiuta a determinare quanto capitale serve per essere indipendenti finanziariamente.
Torniamo agli esempi di stili di vita che abbiamo fatto nel post precedente.
Nel primo abbiamo ipotizzato che servirebbero 3000 euro al mese ad una famiglia che vive a Milano (in affitto, con un figlio), quindi annualmente 36000. Applicando la regola, viene fuori che una famiglia simile potrebbe vivere di rendita avendo a disposizione 900000 euro.
Alla persona del secondo caso (single, vive in provincia e con casa di proprietá), invece, basterebbero 1000 euro al mese, 12000 l'anno, quindi dovrebbe avere a disposizione un totale di 300000 euro.
Calcolare il capitale totale a partire dal reddito annuo é abbastanza semplice. Il problema (determinare il capitale la cui percentuale del 4% é pari a una determinata somma) puó essere modellato con una semplice proporzione, da cui possiamo ottenere una semplice formula: moltiplicare il capitale annuo per cento e dividerlo per 4. Oppure, moltiplicate il vostro fabbisogno annuale per 25: molti esperti dicono che per raggiungere l'indipendenza finanziaria bisogna mettere da parte un capitale necessario a sostenere 25 anni di spese, questa é semplicemente un'altra formulazione della regola del 4%.
La regola del 4%, come detto, é comunemente accettata nell'ambiente della pianificazione finanziaria per determinare quanto bisogna accumulare per potere avere una pensione dal proprio capitale. É stata peró oggetto di critiche e si presta a molte osservazione e precisazioni, vi ritorneremo in alcuni prossimi post.


venerdì 20 luglio 2018

I due pilastri dell'indipendenza finanziaria

Iniziamo a delineare una strategia per raggiungere la tanto agognata indipendenza finanziaria.
Dopo tante riflessioni e studi sono giunto alla conclusione che il problema si puó suddividere in due parti fondamentali:

- capire e pianificare lo stile di vita che uno si aspetta e vuole godersi
- accumulare e manutenere un capitale tale da poterlo garantire

Una volta stabilito che tipo di stile di vita che si vuole avere, si potrá iniziare a capire quanti soldi servono per sostenerlo. Tante variabili possono influenzare il proprio stile di vita, dal luogo in cui si decide di vivere (e se si ha ivi una casa o no), agli hobby che uno vuole avere, anche e soprattutto il tipo di famiglia che si ha.
Ad esempio se si vuole vivere a Milano con moglie e figlio, uscendo spesso la sera (cinema, uscite con gli amici, etc.), stando peró in affitto, a spanne potrei dire che un 2500/3000 euro al mese é il minimo necessario che serve.
Ma se si vive da single in un piccolo paese di provincia nell'entroterra della Marche in una casa propria, e ci si accontenta della vita del pensionato (non uscire la sera, pochi hobby e avere come svago principale andare al bar la mattina per leggere la Gazzetta dello Sport), 1000 euro al mese
potrebbero anche bastare, visto che in genere vi é un costo della vita piú basso e meno spese.
Una volta che si ha un'idea di massima di che cifra mensile vi servirá, potrete anche capire la cifra complessiva da risparmiare ed accumulare per sostenere lo stile di vita desiderato.
Raggiungere l'indipendenza finanziaria viene spesso associato al downshifting, e cioé il ridurre il proprio tenore arbitrariamente in maniera tale da non poter lavorare. Non necessariamente peró lo smettere di lavorare, se si é accumulati il capitale necessario, significa il dovere fare rinunce. Ma ovviamente saranno necessari piú soldi e a essere onesti, dalle mie riflessioni questo sará appannaggio di pochi, visto che sará necessario capitali importanti a disposizione per permettersi certi lussi.

In questo blog ho intenzione di parlare maggiormente degli aspetti finanziari riguardanti l'early retirement, quindi essenzialmente il secondo pilastro, ma proveró anche a scrivere di questioni legate a quale stile di vita avere e tenere una volta che ci si autopensiona (in fondo questo post ha parlato maggiormente di questo...)