lunedì 15 luglio 2019

Un anno di blog - un primo bilancio

Mi accorgo casualmente che esattamente un anno fa iniziavo questo blog, tempo di qualche bilancio e prime considerazioni.

In generale questo blog non ha una grande affluenza di pubblico, secondo le statistiche di blogger una media di 2 pagine visualizzate al giorno. L'argomento é di nicchia, non sono forse un grande divulgatore e non ho pubblicizzato un gran che i miei articoli. D'altro canto questo blog per me é maggiormente un hobby a tempo perso e non mi considero un esperto a livello professionale del settore, quindi non mi stupisco e non sono deluso dei risultati.

Quali sono stati i post maggiormente letti? La top 5 é la seguente ( dal più al meno letto):

La regola del 4%, detta anche Trinity Studio
- I due pilastri dell'indipendenza finanziaria
La regola del 4%: ulteriori approfondimenti
La regola del 4% - Critiche
Voglio essere un rentier - Intro

Sono anche i post maggiormente rappresentativi e riassuntivi della strategia che ho provato a delineare in questo blog, e che consiglio a chi vuole avere un'introduzione alle tematiche dell'early retirement.

Colgo l'occasione per prendermi una pausa estiva di riflessione, sto iniziando a sentirmi a corto di idee e sono indeciso sul proseguire e come farlo (quali argomenti trattare essenzialmente). Spero di essermi chiarito le idee alla fine di questa pausa e riuscire a scrivere altri articoli. Ovviamente, nel caso ci siano persone che seguono questo blog, sono ben accetti i loro commenti a questo post per avere suggerimenti, critiche e quanto altro.

domenica 23 giugno 2019

Recensioni: Rich dad poor dad

Rich dad poor dad ( in italiano Padre ricco padre povero ) é un libro dello scrittore e imprenditore statunitense Robert Kiyosaki sul tema dell'educazione e indipendenza finanziaria. È tuttora un bestseller a livello mondiale e viene consigliato da vari siti sull'argomento dell'early retirement, quindi mi sembra utile trattarne in questo blog.
Per dare un primo giudizio, il libro non é secondo me utile e interessante. L'autore é anche uno di quei guru del marketing che vende i propri corsi e seminari vendendo maggiormente slogan motivazionali, un tipo di personaggio per il quale non ho mai avuto particolare simpatia. Ammetto quindi di essere prevenuto nei suoi confronti, ma il tutto si riflette sulla sua opera e quindi non riesco a prescindere da questo aspetto.

Nel libro si racconta la storia di un ragazzo che cresce con il suo vero padre e uno "adottivo" che hanno due caratteri diametralmente opposti. Il primo, il padre povero, crede nei principi tradizionali del lavorare duro, studiare, ottenere un buon lavoro e risparmiare ma che alla fine ha sempre problemi ad arrivare a fine mese (nonostante abbia applicato tutti i principi che professa). Il secondo é invece il padre "ricco" non ha terminato gli studi ma é sempre stato furbo ed ha capito le basi dell'educazione finanziaria, riuscendo a costruirsi un piccolo impero per se con varie attività imprenditoriali e investendo. Il libro quindi si sviluppa con i vari insegnamenti che il padre ricco insegna al ragazzo e che sono nell'ordine (riassumo i principali):

- I ricchi non lavorano, avere un lavoro normale non porterà mai a una vera ricchezza. I veri ricchi fanno lavorare il denaro per loro.
- Le scuole non insegnano nulla di utile, e men che meno l'educazione finanziaria. Nella vita é più importante avere skills manageriali e di business che avere un'educazione universitaria formale.
- Bisognerebbe investire in asset che generano soldi, l'autore ne elenca vari ma afferma che l'immobiliare a le azioni sono quelle che gli hanno dato maggiori soddisfazioni. Tratta maggiormente il caso del real-estate e come farlo fruttare.
- C'é poi tutta una parte che parla del vantaggio di avere una propria azienda e di come sfruttarla per pagare meno tasse.

Questi sono in sintesi i contenuti del libro, diluiti in mezzo a tutta una serie di parabole e slogan motivazionali.
L'opera in se offre degli spunti interessanti, giustamente stressa l'importanza che ha al giorno di oggi una buona cultura finanziaria e incoraggia a studiare per acquisirne una. Ma per il resto non vedo particolari punti di interesse in quello che il libro dice. La parte sui reali consigli di investimento é particolarmente lacunosa, vengono trattati maggiormente gli immobili. L'autore é anche famoso per i suoi consigli sugli investimenti immobiliari (pare sia specializzato in corsi che insegnano come sfruttare le aste fallimentari per accaparrarsi immobili a buon prezzo, come anche un suo discepolo italiano fa) e come sapete non sono un grande fan di questo tipo di investimenti (ne ho trattato qui). Traspare poi una certa insofferenza verso la vita di un normale lavoratore salariato contrapposta alla furbizia e "smartness" dell'imprenditore, che ha capito tutto nonostante non sia andato all'università, che francamente trovo stucchevole e leggermente fastidiosa ( sarà forse perché faccio parte della prima specie). Al riguardo farei anche notare che l'autore é finito in bancarotta con le sue attività imprenditoriali (si veda qua ad esempio).

In definitiva "Padre ricco padre povero" é un'opera dalla quale non aspettarsi niente di che e che non vi consiglio di leggere ne quanto meno di acquistare nel caso volgiate farvi un'educazione finanziaria. 

mercoledì 12 giugno 2019

Contributi INPS: croce e delizia

In questo post mi prometto di trattare il tema della pensione pubblica e di come essa possa essere usata ai nostri scopi. Assumo infatti che abbiate tutti uno straccio di lavoro e che siate relativamente giovani. Verserete quindi dei contributi alla nostra cara INPS che magari un giorno vi renderanno una pensione, o no? E ne vale la pena? Per adesso anticipo che, nonostante tutto il male che se ne dice, ha senso provare ad accumulare i requisiti minimi previsti dalla legge per accedere alla pensione.
Una precisazione da fare al momento é la seguente. Se avete seguito i giornali in questi ultimi venti anni vi sarete accorti che le leggi e i regolamenti riguardanti la pensione pubblica sono cambiate spesso nel corso degli anni, quindi le informazioni di questo post possono essere datate, nel caso vi capitiate dopo un po' di tempo.
Seconda precisazione: in questo post si tratterà il caso della cosiddetta pensione di vecchiaia. L'INPS prevede altri trattamenti (pensione di anzianità, ad esempio) ma sono riservati a casi specifici che riguardano chi ha iniziato a lavorare anni fa e dubito che i pochi che leggono questi post possano accedervi.

La pensione di vecchiaia, in breve é quella prestazione previdenziale che l'INPS (questa la scheda ufficiale dal loro sito) vi erogherà  a seguito dei contributi previdenziali da voi versati nei vostri anni da lavoratore. Quali sono i requisiti minimi per accedervi? In breve:

- requisito anagrafico: avere almeno 66-67 anni
- requisito contributivo: avere almeno 20 anni di contributi versati
- requisito contributivo minimo: bisogna avere maturato un importo minimo (se ne parla di seguito)

In rete ho trovato una marea di articoli che dettagliano meglio tutto ciò, saranno allegati in calce a questo post. Quale importo mi posso aspettare? Qui la questione é più spinosa e complessa, i calcoli che portano all'ammontare della pensione sono un po' complessi (si veda qui per una spiegazione) e la
spiegazione di essi é abbastanza lunga e tecnica. In breve si possono riassumere che l'ammontare della pensione annua viene determinato in base a quanti anni di contributi si hanno e al loro ammontare totale. Un primo dato interessante é il seguente:  esiste un ammontare minimo che si riesce a maturare, ed é al momento di circa 675 euro mensili. Poco, no? Ma sempre meglio di niente. Considerate anche questo: almeno avrete uno straccio di mensile garantito e fino alla fine dei vostri giorni, che potrebbe integrare una futura rendita che avete accumulato negli anni. Nel caso siate riusciti a ritirarvi prima con la vostra sudata rendita, che so a 50-60 anni, e contiate di vivere con una cifra X, una volta raggiunto i 66-67 anni, potreste avere una rendita aggiuntiva di circa 600-700 euro almeno che integrerebbe quello con cui già vivete. O detta in altro modo, dopo una certa età invece di dovervi garantire una certa rendita X con i vostri mezzi, avrete bisogno di una rendita X-600/700.
Vi é infine un'altra considerazione da fare. I contributi versati nel corso degli anni sono essenzialmente retribuzione che é stata trattenuta da voi dai vostri datori di lavoro e che sarebbe sostanzialmente persa per sempre nel caso non raggiungiate i requisiti minimi. E considerate che in realtà dalla vostra retribuzione di contributi ne versati assai (non considerate dolo i contributi che vedete nella vostra busta paga, ma anche il fatto che i datori di lavoro ne versano di aggiuntivi per conto vostro all'INPS).

Quindi si, ha senso stante tutte queste considerazione fare in modo di raggiungere i requisiti minimi per ottenere la pensione di vecchiaia, e questi possono essere di aiuto dopo un po' di tempo a integrare una eventuale strategia di pensione anticipata.

Rimane in realtà un punto aperto: come si matura l'importo minimo (inteso l'importo minimo da versare nel corso degli anni)? Non riesco a trovare molto al riguardo, ma mi prometto di indagare ed eventualmente ritornarci in futuri post.

Bibliografia:

- Introduzione alla pensione di vecchiaia INPS: link
- Spiegazione dettagliata dei requisiti minimi di anzianità contributiva  link
- Sulla questione dell'importo minimo: link
- Come dovrebbe essere calcolata la pensione: link

giovedì 23 maggio 2019

Una strategia per la propria pensione anticipata - parte V

Siamo arrivati al post finale di questa serie, per alcune considerazioni finali e riassuntive. Innanzitutto, condivido il foglio di calcolo che riassume tutti i risultati, qui trovate il link. 

Riassumiamo per l'ennesima volta il risultato finale: se vogliamo accumilare nell'arco di 20 anni un capitale di circa 450000 Euro, necessario per avere una rendita di circa 1500 Euro al meso (secondo la regola del 4%), il minimo che si dovrebbe investire é all'incirca 12000 Euro l'anno. Questo nell'ipotesi di investire questi soldi in ETF, diversificando il 40% in area Euro, 40% sul mercato USA e 20% sui mercati emergenti. Come interpretare questo dato?
La prima cosa da dire é che questo é un limite minimo, sotto il quale un investitore correrebbe molti rischi di non riuscire a raggiungere l'obiettivo che ci si era prefissati. Per essere maggiormente sicuri ovviamente più si investe e più si riesce ad ottenere.
La seconda considerazione da fare, é che il portafoglio utilizzato é in verità altamente rischioso, dato che é sbilanciato interamente sull'azionario. È possibile rischiare di meno e ottenere gli stessi risultati? Certamente, ma in questo caso servirebbero capitali maggiori (i rendimenti dell'obbligazionario o dell'immobiliare sono in genere minori), e quindi ci si ricollega al punto precedente, e cioè a dire che i risultati trovati sono in limite minimo invalicabile.
Un altro appunto da fare é sulla scelta degli ETF che sono stati usati nella simulazione. In molti siti americani che trattano di early retirement sentirete parlare e magnificare i famosi fondi Vanguard, che presentano costi minori rispetto a quelli scelti da me. Come mai non li ho utilizzati? Semplicemente perché non sono quotati ed acquistabili in Italia, quindi fare una simulazione con essi non ha senso, se vogliamo parlare di casi che un risparmiatore italiano é in grado di riprodurre.

Iniziamo a discutere delle performance dei 3 indici scelti. Per l'Europa é stato scelto lo STOXX 600, qui. Secondo i miei calcoli in media ogni anno ha avuto un incremento all'incirca del 7% con una deviazione standard del 20% (si veda sotto per la spiegazione del concetto di deviazione standard e per quale motivo lo reputo importante nel nostro caso). Da notare che l'indice ha avuto un rendimento negativo in 8 anni sui 20 sui quali é esistito. Esistono indici migliori per investire sul mercato europeo? La questione é complessa e la risposta é probabilmente si. Come detto in precedenza ho scelto lo Stoxx 600 in quanto contiente azioni solo dell'area Euro, ma a una prima vista l'Euro Stoxx 50 o anche il mercato tedesco sembrano migliori. Mi riservo di indagare su questo argomento con ulteriori articoli di approfindimento in futuro.
indice creato nel 1998. Trovate un riepilogo dei valori storici annuali

Riguardo all'indice sul mercato americano, lo S&P 500 é una scelta di default. É uno degli indici borsistici più antichi ed esistono dati su di esso dal 1928. In questo articolo vi é un buon riepilogo di tutte le performance passate, per riepilogarle:

- in 88 anni di storia il suo valore si é incrementato annualmente per 64 volte ed é sceso 22
- il rendimento medio annuale é stato del 11% con una deviazione standard del 20% circa

Anche in questo caso esistono alternative come il Dow Jones o il Nasdaq, ma il S&P 500 rimane ancora la prima scelta visto che comprende molte più aziende quotate che fanno parte anche delle altre opzioni.

Arriviamo al caso del MSCI Index, scelto per investire sui mercati emergenti (qui i dati storici). L'indice é abbastanza recente, é stato infatti creato nel 2004 e quindi abbiamo pochi dati storici a disposizione. I dati riepilogativio mostrano che ha avuto un rendimento medio del 9% con una deviazione standard del 29%, ed ha avuto rendimenti negativi 6 anni su 16. Il fatto che abbia la deviazione standard maggiormente alta é sintomo della rischiosità maggiormente alta che ci sono nei mercati emergenti, ma che anche sembrano per adesso retribuire maggiormente i risparmiatori rispetto al caso europeo. Ma un 2% in più di rendimento rispetto allo STOXX 600 valgono il rischio? Notiamo infatti che la variabilità é più alta, il che significa anche che i ribassi possono essere considerevolmente maggiori. Considerato quindi che l'indice nel nostro piano iniziale consisteva nel 20% dell'investimento potrebbe avere senso escluderlo dal proprio portafogli e provare una strategia 50% mercati europei / 50% mercati USA, diminuendo quindi anche un po' le spese.

P.S: riguardo al concetto di deviazione standard (o anche squarto quadratico medio) , si legga la definizione da Wikipedia qui. É un valore che reputo importante in quanto ci fornisce un'indicazione di quanto in media i valori di un indice si discostano dal valore medio, quindi in un certo senso di quanto variano e di quanto si discostano ( 

domenica 12 maggio 2019

Una strategia per la propria pensione anticipata - parte IV

Veniamo da qui.

Durante questa settimana ho ampliato e perfezionato i calcoli dei portafogli ideati nei precedenti post di questa serie, aggiungendo:

- un portafoglio calcolato dai rendimenti storici dall'anno 1998 all'anno 2018
- i portafogli per i periodi 2000-2020, 2001-2021, 2002-2022, 2003-2023. Ricordo che il periodo 2000-2002 é stato un periodo orso per i mercati, quindi era interessante capire come si sarebbe comportato un portafoglio siffatto. I rendimenti per gli anni restanti sono stati calcolati a partire dal rendimento medio dell'indice di riferimento nel caso 2000 - 2020 e 2001-2021. Per i portafogli 2002-2022 e 2003-2023 ho traslato i rendimenti negativi degli anni 2001 e 2002 agli anni finali, simulando quindi un mercato orso alla fine del portafogli.

Per riassumere, il risultato conferma quanto trovato precedentemente: per sperare di accumulare 450K nell'arco di 20 anni il minimo da investire é all'incirca di 12000 Euro l'anno. Si veda il riepilogo qua sotto dal foglio di calcolo che ho usato:


















La media del rendimento dei portafogli é, secondo i miei calcoli, del 6% circa, al netto delle tasse.
Si noti che tra i portafogli simulati vi possono essere casi in cui i rendimenti non sono pari a quelli aspettati (si vedano i casi 1998-2018, 2003-2023 e 2014-2034). Sono questi casi estremi troppo rischiosi? Si e no. Per spiegare meglio, nel caso in cui ci si trovi dopo venti anni di investimento in una di queste situazioni sfortunate, non é detto che tutto sia perduto. Si presume infatti che avendo accumulato un capitale X, non tutto debba essere speso in un anno, ma giusto una frazione di esso. Il restante capitale nel frattempo continuerà ad essere investito e si spera che, dopo una fase ribassista, il mercato sia in rialzo recuperando le perdite. Comunque, secondo i miei calcoli, per evitare questo fenomeno e avere sempre il portafoglio finale pari a 450K,  il capitale annuo da investire dovrebbe essere di 16K circa:


















Altre note metodologiche dei miei calcoli:

- Non sono riuscito a trovare le quotazioni degli ETF per tutti gli anni. Per l'ETF sullo EuroStoxx 50 e S&P 500 le quotazioni storiche partono dall'anno 2010 circa. I prezzi degli anni precedenti sono stati calcolati a partire dal rendimento dell'indice.
- Non sono riuscito a trovare rendimenti o prezzi dell'ETF e indice sugli Emerging Markets precedenti all'anno 2004, per quegli anni ho utilizzato il rendimento medio dell'indice
- Per gli anni in cui i prezzi degli ETF non sono disponibili, i prezzi calcolati non tengono conto dei dividendi (ricordo che ho scelto appositamente ETF ad accumulazione). É quindi possibile che in questi casi il rendimento sia maggiore a quello calcolato (non sono in gradi di quantificare quanto, ma non dovrebbe essere chissà che, nell'ordine del 4-5%).




domenica 5 maggio 2019

Una strategia per la propria pensione anticipata - parte III

Ci eravamo lasciati nel post precedente  che avevamo abbozzato un primo portafoglio, selezionando tre ETF (uno sul mercato europeo, uno sul mercato USA e uno sui mercati emergenti). Durante questo tempo ho abbozzato varie simulazioni su di un foglio Google che saranno pienamente spiegate tra poco, per adesso svelo il risultato a cui sono arrivato.

Per accumulare il capitale che ci siamo prefissato (450000) in 20 anni investendo con il portafoglio da me sopra esposto, bisogna investire nel corso del tempo un capitale di circa 13000 Euro l'anno (1000 euro circa al mese). Risultato un po' deludente, penseranno in molti, visto che significa mettere da parte uno stipendio medio-basso italiano, ma questa é la conclusione a cui sono giunto e che l'attuale stato della mia cultura finanziaria mi ha portato a trovare.

Come sono stati fatti i calcoli? Ho usato un foglio Google ed ho provato a simulare il rendimento del portafoglio in 5 possibili intervalli temporali: 1999 - 2019, 2004 - 2024, 2009 - 2029, 2014 - 2034, 2019 - 2039. Per gli ETF scelti, i dati storici che sono riuscito a trovare vanno indietro fino al 2010/2011 circa. I prezzi precedenti a questo periodo sono stati calcolati a partire dai dati storici sugli indici che ho trovato. Analizziamo un po' quello che é successo nei mercati negli ultimi 20 anni, giusto per dare un'idea al lettore di quali fasi di mercato si siano succedute. Riporto qua sotto il grafico dello S&P 500 negli ultimi 20 anni:



Come si vede il periodo 1999-2001 il trend é stato negativo, per poi avere un'ascesa dal 2003 al 2007. Il 2007 é stato l'anno di una delle maggiori crisi finanziare della storia, che si é riflettuto in una vistosa correzione fino al 2009, a cui é seguito uno dei più spettacolari rialzi degli indici borsistici che sembra durare fino ad oggi. Quindi la simulazione 1999 - 2019 si é beccata i dati storici di due fasi storiche di mercati in ribasso, quella 2004 - 2004 una sola. La simulazione 2009 - 2029 sembra essere la più fortunata in quanto coincide con l'inizio del ciclo rialzista.

Le quotazioni future (fino al 2039) sono state calcolate a partire dal rendimento storico medio di ogni indice e la sua deviazione standard. Ho provato una brutale simulazione Montecarlo che alla fine riduceva i risultati alla lunga a quelli della media standard. Il portafoglio 2014-2034 ha una strategia leggermente diversa, ho quindi simulato 2-3 anni di bear market prendendo i valori minori tra un campione di possibili ritorni dell'indice tra quelli prodotti da una simulazione Montecarlo.

Una nota finale sui costi calcolati. Come detto i tre maggiori costi che un ipotetico correntista in Italia affronterebbe nell'implementare un simile piano sono:

- costi di acquisto / vendita e bolli: sono stati considerati simulando che si compra un ETF in meno ogni anno (la media di un acquisto/vendita é di circa 20 euro per una banca online italiana)
- tassazione: la tassazione sul capital gain al momento é del 26% circa ( era più bassa fino a 5 anni fa). È inclusa nei miei conti, considerando il prezzo medio di carico applicato al momento della vendita.

lunedì 29 aprile 2019

Una strategia per la propria pensione anticipata - parte II

Nel post precedente abbiamo abbozzato un primo portafoglio che deve essere composto in tale maniera:

- 40% mercati Euro
- 40% mercati USA
- 20% mercati emergenti

Proviamo a implementare una tale strategia scegliendo gli indici e i rispettivi ETF. Per quanto riguarda i mercati area Euro, gli indici maggiormente rappresentativi sono l'Euro Stoxx 50, lo STOXX Europe 600 e lo MSCI Europe Index (ovviamente ve ne sono molti altri...). Fare dei raffronti tra i vari é lungo, decidiamo di scegliere il primo in virtù del fatto che contiene esclusivamente azioni di aziende dell'area Euro (gli altri indici contengono anche aziende UK e svizzere). Selezionare un ETF sull'Euro Stoxx 50 é possibile in varie maniere, la rete é prodiga di siti e risorse in tal senso (ad esempio basta andare sul sito della Borsa Italiana, ma in calce a questo post metterò altri link utili.
Per la nostra simulazione ho selezionato questo  ETF iShares in quanto é quello che ha tra i costi più bassi ( 0,1% di commissioni annue), é  ad accumulazione (non distribuisce dividendi ma li reinveste) ed é tra i maggiormente scambiati sul mercato milanese. Questi tre criteri (costi di gestione annui, reinvestimento dei dividendi e liquidità) saranno utilizzati anche nelle seguenti selezioni.

Anche sui mercati USA esistono svariati indici, quelli più noti sono il Dow Jones, il S&P 500 e il . L'ultimo é un indice che rappresenta maggiormente le aziende hi-tech, i primi due sono indici che rappresentano azioni del NYSE (la borsa storica di New York). Seleziono lo S&P 500 in quanto composto da un maggior numero di azioni. Un ETF che possiamo utilizzare per investire su di esso é questo, sempre ad accumulazione e con un 0,07% di commissioni annue ed in dollari.
NASDAQ

Sui mercati emergenti l'indice principe é il MSCI Emerging Markets, che può essere replicato con un ETF Lyxor (qui la scheda sempre dal sito della Borsa Italiana). L'ETF in questione ha un 0.55% di commissioni annue ed é in Euro.

Su quale periodo storico impostare la nostra simulazione? Il primo problema é che i primi due ETF sono stati quotati nel 2010, mentre il MSCI Emerging Markets nel 2008. Il periodo dal 2010 fino ad oggi é stato uno dei maggiori bull market della storia umana quindi in un certo senso la nostra simulazione ne potrebbe essere inficiata. Ma d'altro canto gli ETF hanno iniziato a diffondersi proprio in questo periodo ed é difficile trovare altri strumenti di rimpiazzo. Sarebbe quindi importante avere una simulazione a 20 anni (dal 1999 ad oggi), durante i quali vi sono stati due bull market e due sgonfiamenti importanti.

Discutiamo adesso di un grosso elefante nella stanza che non ho finora toccato: quali sono le spese nell'investire. Nel nostro test terrò conto essenzialmente delle seguenti:

- spese tenuta conto
- spese di compravendita titoli
- tasse sui capital gain

Link utili per individuare gli ETF:

- Sezione ETF del sito della Borsa, link
- Sito Morningstar Italia, link
- JustETF, link

domenica 14 aprile 2019

Una strategia per la propria pensione anticipata - parte I

Iniziamo ad entrare nel vivo della questione, e a delineare un possibile piano di investimento per garantirci un ritiro anticipato. Ricordo, (veniamo da qui) che il nostro obiettivo é riuscire ad accumulare un capitale di 450000 e vogliamo capire se e come questo sia possibile per una persona che risiede e vive in Italia partendo da 0, o detta in altra maniera: quanto dovrebbe mettere da parte un ipotetico lavoratore italiano ogni mese per raggiungere l'obiettivo che ci siamo prefissati.

La strategia che ci siamo dati é quella di investire in ETF. Infatti all'inizio, durante la vita lavorativa si deve provare a far fruttare i propri risparmi e l'azionario in un periodo di 10-20 anni riesce a dare qualche soddisfazione maggiore rispetto ad altre classi di investimento. Ma come funziona in realtà questo piano? Come può una persona investire in ETF? Tutto quello che gli serve é un semplice conto corrente con conto titoli. Quali ETF comprare e quando? Partiamo dal quando, esistono molte scuole di pensiero e strategie al riguardo, ma se avete seguito attentamente il blog finora, avrete capito che sono dell'idea che una persona normale non é in grado di riuscire a prevedere gli alti e bassi del mercato. Ma considerate questi due fatti:

- Tipicamente una persona all'inizio della propria carriera lavorativa non parte con un capitale iniziale, ma da uno nullo. Magari riesce a risparmiare ogni anno una piccola cifra e nel corso degli anni aggiunge altri risparmi a quelli esistenti.
- Non riusciremo mai a prendere gli alti e bassi, ma investendo ogni anno riusciremo prima o poi ad entrare nelle fasi di mercato in ascesa. I mercati hanno infatti andamenti ciclici con fasi di rialzo (in gergo mercato toro) e al ribasso (mercato orso). Non investendo tutta la cifra in un determinato momento ma scaglionando l'ingresso, dovremmo essere in grado di beneficiare dele fasi di mercati toro, e in caso di mercati orso di un certo senso di accumulare quote di investimento a prezzi minori.

Quindi, come forse alcuni di voi avranno capito, la strategia più semplice é quella di investire ogni anno la propria quota di risparmi in ETF. Nella fase iniziale, in un orizzonte temporale di 10-20 anni questo potrebbe portare a realizzare discreti guadagni. É questa una strategia molto rozza e alcuni affinamenti sono possibili, ma per adesso partiremo da qui.
Vorrei anche precisare che in caso si voglia vivere realmente di rendita, l'avere tutto in azionario é altamente rischioso, essenzialmente la propria pensione potrebbe essere in balia di un mercato orso. Si parlerà di questa fase in futuro, per adesso anticipo che é meglio ridurre la propria esposizione sull'azionario e ribilanciarsi sull'obbligazionario in maniera da avere una certezza su quanti soldi si hanno in un anno.

Parliamo infine brevemente di dove investire. Quali ETF uno dovrebbe utilizzare? Ricordiamo che un ETF investe su un indice, quindi decide su dove investire alla fine si riduce a capire quali indici azionari scegliere. Si potrebbe provare ad esempio a investire tutto sul mercato italiano (il già citato indice FTSE MIB, ad esempio) o sul mercato USA.
Una prima cosa che gli esperti consigliano é quella di effettuare una diversificazione geografica, non mettere tutte le uova su uno stesso indice ma provare ad avere una diversificazione geografica. Generalmente, possiamo pensare ad una prima suddivisione dei mercati azionari in mercati europei (intendo area Euro), mercati USA, e tutto il resto, i cosiddetti mercati emergenti. I mercati europei sono in genere quelli più sicuri per noi, in quanto le azioni sono quotate in Euro e non vi é rischio cambio. I mercati USA sono storicamente più performanti e quindi imprenscindibili per un investitore. I mercati emergenti sono altamente rischiosi, in teoria dovrebbero alla lunga avere rendimenti maggiori in questa fase storica (si pensi a paesi come Cina o India), ma sono storicamente soggetti a maggiori instabilità geopolitiche, quindi soggetti anche a rovesci maggiori. Dobbiamo quindi decidere di avere un giusto mix tra le 3 componenti, per adesso abbozziamo la seguente strategia:

- 40% mercati Euro
- 40% mercati USA
- 20% mercati emergenti

Nei prossimi post spiegherò meglio come nella realtà questa strategia viene implementata, e proveremo a simulare il ritorno che essa da.

venerdì 5 aprile 2019

Una strategia per la propria pensione anticipata - intro

Fino ad adesso ho essenzialmente trattato di argomenti di finanza generale, obbligazioni, azioni, ETF. Ho provato a fornirvi tutta una serie di elementi teorici e a farvi conoscere gli strumenti principali che serviranno a implementare il nostro agognato scopo. Vi avevo anticipato un primo abbozzo di cosa si tratta in uno dei primi post del blog ( qui ). Ricapitolando, una persona che inizia a lavorare dovrebbe essere in grado di risparmiare un po' di soldi che nel corso degli anni investe sperando di riuscire a maturare un capitale tale da garantirgli una rendita nel corso degli anni.

Cosa voglio provare a fare é simulare un simile piano con strumenti e casi reali, per riuscire a capire (e nel caso dimostrare) se un early retirement é possibile e realizzabile.
Una prima ipotesi é quella che il nostro ipotetico early retirer sia una persona che vive e lavora in Italia e che parta da capitale 0. Ritengo importante puntualizzarlo, in quanto tutti i blog/risorse che trovate in rete si riferiscono a un caso medio di uno statunitense, e quindi si riferiscono al caso USA, dove esiste tutta una serie di regolamentazioni (tassazione, fondi pensione) di cui un italiano non potrà mai godere e usufruire.
Quanto capitale bisogna accumulare? Come forse avrete capito, questa é una domanda molto personale e dipende dallo stile di vita. Nel nostro post iniziale avevo posto come obiettivo di vivere con 1000 Euro al mese, ma forse é un po' poco quindi proveremo a raggiungere una rendita di 1500 Euro al mese, anche per, un certo senso, avere una sorta di cuscinetto in casi di emergenza.
La simulazione che cercherò di fare é la seguente: quanto risparmio annuale e per quanti anni una persona deve riuscire a mettere da parte per raggiungere l'agognato montante di 450000 Euro ( ve la ricordate la famosa regola del 4% )? Ma come calcolare il tutto? Semplicemente calcolando il risultato di investimenti reali nel corso degli anni. Ma a questo punto vi starete chiedendo: si ma quale é questa benedetta strategia? Qui si apre un discorso lungo, ma come avete capito dai precedenti post per me la cosa migliore da fare sarebbe accumulare nel tempo ETF, sbilanciandosi sull'azionario. Nel caso il perché di questa scelta non sia chiara, consideriamo che una persona ha tre principali classi di investimento disponibili: immobiliare, obbligazionario e azionario. Mai stato un grande fan dell'immobiliare e vari studi hanno dimostrato che alla lunga non rende più di tanto rispetto alle altre classi. Ma se siete ancora degli irriducibili considerate questo: se partite da un capitale 0, prima di poter investire in immobili dovrete accumulare un certo capitale iniziale, quindi mettere qualche soldo da parte, che magari a questo punto vorrete far fruttare. E si ritorna quindi alla scelta tra azionario e obbligazionario. Il secondo da rendimenti certi, ma il primo storicamente, anche se maggiormente rischioso, ha un ritorno maggiore (un interessante esercizio però potrebbe essere di simulare anche un piano obbligazionario e confrontarlo con uno puramente azionario, chissà...).
Come ampiamente discusso, per me il miglior modo di investire nell'azionario é di puntare sugli ETF. Se siete particolarmente bravi potete provare con le singole azioni, ma nella maggior parte dei casi non vi crediate di riuscire ad ottenere grandi risultati. Inoltre se non siete proprio degli esperti é abbastanza certo che vi farete del male...
Ma in concreto, come si investe in ETF? Quali scegliere e con quale strategia? Cercheremo di rispondere a queste domande nei prossimi post, alla prossima.


domenica 17 marzo 2019

Recensioni: A Random Walk Down Wall Street

Ho stressato varie volte l'importanza di avere una buona cultura finanziaria nel mondo moderno e come questa é correlata ai fini della riuscita di una possibile pensione anticipata, ed in questo blog ho provato a darvi alcuni rudimenti di essa.
Forse a molti di voi sarà anche venuta voglia di approfondire questo argomento, ma magari non ha idea da dove partire. Nei fatti esiste una discreta quantità di risorse e il neofita paradossalmente e comprensibilmente può essere spaesato. Consiglio quindi una valida risorsa da cui partire in un popolare libro dell'economista Burton Malkiel, A Random Walk Down Wall Street, la cui prima edizione risale al lontano 1973 (ma é stato aggiornato dall'autore nel corso del tempo).
Confesso di averlo letto solo di recente, ne ho sentito parlare per molti anni ma per pigrizia ed altri motivi non lo ho mai letto ed esaminato fino a qualche mese fa, quando decisi di dargli una chance, anche per preparare i post di questi blog. La mia formazione finanziaria é maggiormente da autodidatta, fatta leggendo altri libri e forum di finanza e commettendo molti errori sul campo (diciamo così).  Questo libro, se letto prima, mi avrebbe salvato molto tempo e fatica, e dato un quadro complessivo chiaro nel campo degli investimenti.

A Random Walk Down Wall Street (ne esiste anche una versione italiana, non vi preoccupate) é un libro che analizza le varie scuole di pensiero riguardanti le strategie di investimento nell'azionario.
Si giunge alla conclusione che le quotazioni azionarie sono troppo casuali (random, per dirla all'inglese) per essere predette in maniera consistente, anche dai professionisti del settore. É questa essenzialmente la cosiddetta random walk hypothesis. Un altro modo di spiegare questa teoria é il seguente: prendete un analista/gestore azionario esperto e fategli scegliere delle azioni. Prendete la pagina della quotazioni del Sole24 Ore o di qualsiasi quotidiano, appendetela al muro e scegliete delle azioni tirando a sorte (intendo, lanciando delle freccette contro di essa senza mirare ad alcuna in particolare) In media i risultati che otterrete saranno simili e in molti casi batterete addirittura il gestore.

Si parte spiegando le due principali filosofie di investimento utilizzate dagli investitori: l'analisi fondamentale e l'analisi tecnica. Cosa siano é già stato discusso in questo blog (si veda qui ad esempio), una prima conclusione a cui Malkiel arriva é che entrambi questi approcci possono essere valide, ma in determinati periodi e contesti.
Si procede poi ad un analisi delle principali bolle finanziarie della storia (dalla mitica bolla dei tulipani fino al crash delle dot com del 2000), in questa parte quindi si potrebbe dire che l'autore in un certo senso da esempi in cui l'analisi fondamentale é andata a farsi benedire e l'analisi tecnica ha vinto.
Si ha quindi uno sguardo più attento all'eterno dibattito tra fondamentalisti e chartisti, il libro pende verso i primi: da vari dati e studi si mostra che un'azione alla lunga si allinea ad un suo valore fondamentale, ma con un grosso però: eventi imprevisti (si pensi all'11 settembre) e anche mercati a volte truccati (di scandali e manipolazioni ve ne sono stati nella storia) che fanno deviare i corsi e sono difficili da vedere in anticipo. Come uscire da questa impasse?
Prima di dare i suoi consigli per l'investitore medio, altre tecniche avanzate tipo la modern portfolio theory sono analizzate.
La parte finale, da infine dei consigli sul cosa fare. Malkiel crede che alla lunga, basandosi su tesi storiche, l'investimento azionario comunque rende di  più rispetto all'obbligazionario e l'immobiliare. Per alla lunga si intende un orizzonte temporale di circa 10 anni, in caso contrario si va incontro a grandi rischi e per coprirsi é meglio dedicarsi a investimenti meno rischiosi.
Ma nel caso di voler gettarsi comunque nell'azionario, come agire? Per un non esperto, l'investimento nell'indice é la soluzione migliore. Se proprio si vuole provare investendo in singole azioni, sono dati alcuni consigli pratiche sul come trovarle (non mi dilungo qui nell'esporle).

Molti di questi concetti sono stati fonti di ispirazione ed esposti nella serie di post sulle azioni di cui ho scritto in questo blog ( si veda parte II, parte III e parte IV della serie Azioni, maledette azioni).
In definita il libro é altamente consigliato per formarsi la propria cultura finanziaria e consiglio a tutti coloro che sono anche semplicemente curiosi dell'argomento di leggerlo.


 

martedì 5 marzo 2019

Il mito del mattone

Con questo post mi prometto di andare contro il sentire comune dell'italiano medio e provare a scalfire una delle sue granitiche certezze nel campo degli investimenti: che il mattone sia sempre il miglior affare e l'unica classe dove abbia senso mettere soldi.
Quante volte infatti avrete sentito parlarne (tra amici o al bar) di mettere soldi in un bel immobile quando si arrivava a parlare di soldi? Hai due soldi da parte? Comprati un appartamento ed affittalo! Con i soldi della pigione avrai un rendimento di tutto rispetto e la rivalutazione é certa e sicura! Sono anche abbastanza sicuro che i pochi che seguono questo mio blog si saranno chiesti perché parlo di strumenti astrusi come obbligazioni, azioni o ETF e non ho mai toccato l'argomento dell'investimento in solidi mattoni.

Come funziona un investimento immobiliare credo sia chiaro un po' a tutti: si individua un immobile, che si supponga abbia una certa appetibilità per l'affitto, lo si compra, lo si affitta e ci si gode dell'affitto versato dall'inquilino. Alla lunga se ci si stufa lo si rivende. Se ci fate caso, possiamo il paragonare il tutto ad un investimento in obbligazioni: si compra un titolo di stato che riconosce una cedola fissa (da paragonare all'affitto), l'unica differenza é che un'obbligazione prima o poi scade, viene rimborsata al suo valore nominale. Si potrebbe azzardare quindi un paragone tra i due investimenti, considerando anche la classe di rischio. Per farla breve, persone molto più brave ed esperte lo hanno fatto, proprio di recente sul corriere é uscito uno studio che compara le due situazioni (a dire il vero considera il caso in cui si affitta una casa con Airbnb, che in genere é considerato più redditizio rispetto al caso di affittare a un solo inquilino)  che trovate qui.
Ma come, impossibile! Gli appartamenti in zona mia se li affitti ti danno il 10% di rendimento! Ma che diranno mai! Queste in genere é la reazione che sento a questo tipo di articoli o inchieste da una persona media, e in molti casi gli animi nell'interlocutore si surriscaldano e iniziano le urla e gli improperi.

Vedete, investire in immobili non é una cosa semplice e in genere ci sono una mare di costi e rischi nascosti che le persone normali non considerano. In maniera del tutto sparsa e non esaustiva:

- Costi di transazione: quando comprate un appartamento ci sono alcune spese che dovrete sostenere (agenzia, ad esempio o varie tasse di cui non ricordo esattamente) così come lo rivendete. Spesso e volentieri, prima di affittare dovrete fare qualche lavoro all'immobile, e quindi spendere soldi. Molti spesso non se ne ricordano o tengono conto quando vanno a fare i conti.
- Costi di gestione: sull'affitto che vi pagano, pagherete tasse (ad esempio adesso vi é una cedolare secca del 21%). Inoltre se siete in condominio ci saranno le spese condominiali da pagare. Potrebbero capitarvi anche spese straordinarie (rifacimenti facciate e via discorrendo) e anche quelli andrebbero messi in conto. Molti poi comprano facendo mutuo, e quindi versando interessi ad una banca che sono anche essi a fondo perduto.
- Rischio emittente: quando vi ho parlato di obbligazioni vi ho sempre messo in guardia dal cosiddetto rischio emittente. Una cosa simile esiste anche per gli immobili, siete sicuri al 100% che il proprio inquilino possa pagarvi la pigione? Ovviamente esistono molti inquilini onesti e solventi, ma dipende spesso dalle zone in cui vi trovate e in un certo senso anche dalla fortuna. Fatto sta che se beccate l'inquilino sbagliato e inizia a non pagarvi possono essere dolori, nel senso che esiste il rischio che perdiate qualche mensilità a voi dovuta prima che riusciate a sfrattarlo (e ricorrere a vie legali é un discreto stress, non vi crediate!).
- Rivalutazione: l'uomo medio pensa che il proprio immobile avrà una rivalutazione stratosferica nel corso degli anni. Qui il discorso di fa abbastanza complesso, ma in breve é un effetto che hanno avuto i fortunati che hanno comprato fino a 20 anni fa o negli anni del boom economico (50/60). Chi ha comprato di recente, estremizzando all'apice della bolla immobiliare 2006/2007 ad esempio ancora si trova paradossalmente in perdita. Magari riesce a recuperare in futuro ma non é detto.

Ho provato a raggruppare in tre punti i principali costi/rischi accolti che esistono in un investimento immobiliare e che la gente in genere non considera nelle comparazioni tra investimenti. Aggiungo anche che molti si improvvisano immobiliaristi e sono sicuri che qualsiasi buco che compreranno abbia un valore intrinseco, ma spiacente non funziona in questa maniera. Comprare un immobile in centro a Milano é molto diverso e offre maggiori prospettive rispetto ad acquistare in provincia, ma i costi nel primo caso saranno maggiormente alti e abbasseranno ancora di più i rendimenti rispetti al secondo. In breve: da quel poco che capisco il mercato immobiliare é più complesso di quel che sembra, molto influenzato da dinamiche locali (per questo sconsiglio anche gli investimenti da remoto) e i rendimenti si allineano a quelli del free risk o obbligazionario. Ha quindi senso puntare tutto si di esso? Per i nostri scopi da rentier, io dico, specialmente agli inizi, no.
Se non avete un soldo da parte e vi state costruendo meticolosamente la vostra rendita, puntare tutto su un unico immobile é dal punto di vista pratico non molto praticabile. Questo perché vi serviranno un minimo di 100K per poter puntare ad un immobile da mettere a rendita (in questo caso dovrete anche sottoscrivere un mutuo) per alla fine ottenere un rendimento equiparabile a quello di un'obbligazione. Ne vale veramente la pena?
In realtà esistono delle eccezioni in cui ha senso considerare l'investimento immobiliare:

- Ne ereditate uno (grazie al c...., direte voi). La situazione invero é abbastanza comune in Italia, nonostante tutti i piagnistei che sento: le famiglie italiane sono storicamente zeppe di immobili che possono finire tra i vostri beni e che potete in qualche modo far fruttare.
- Siete del settore, e intendo un muratore o qualcuno che é in grado di risistemare immobili da solo. In questo caso non credo di avere nulla da insegnarvi, ed essendo nel giro saprete meglio di me come muovervi e individuare gli immobili con potenziale (estremizzando, appartamenti in cui c'é bisogno di grossi lavori prima che siano presentabili per un inquilino) e che opportunamente sistemati possono apprezzarsi.
- Avete già un discreto gruzzolo da parte (dal milione in su), in questo caso diversificare in immobili potrebbe avere senso e potreste essere in grado di poter acquistare un immobile appetibile nelle grandi città/zone di pregio dove i tagli interessanti partono dai 400K.

Fermo restando che avere una casa per uso personale é sempre qualcosa che alla lunga bisognerebbe avere, ma questo é un altro paio di maniche e se ne può parlare in altri post.

  

domenica 17 febbraio 2019

Uno sguardo approfondito agli ETF - parte III

Nota iniziale: terzo capitolo della serie sugli ETF, per chi fosse interessato ecco il primo e secondo capitolo.

Cosa possiamo dire ancora sugli ETF? In ordine sparso sono rimaste ancora alcune cose da dire per comprendere appieno questi strumenti e come operarci correttamente. In questo post esporrò alcune considerazioni sparse su di essi.

- Il concetto di NAV: questo era un argomento importante fino a quando non hanno cambiato il regime di tassazione, ma é importante saperlo. L'acronimo significa Net Asset Value ed é essenzialmente il valore di tutte le azioni a prezzi di mercato possedute da un ETF diviso il numero delle quote stesse.
Questo significa che il NAV rappresenta il valore reale di una quota, ma quando comprare/acquistate potete avere valori differenti da esso. Avrei dovuto parlarvene nel post precedente, quando ho disquisito di tracking error.

- La liquidità di un ETF: questo é una problematica comune a tutti gli strumenti di investimento, ma nel contesto degli ETF possiamo definirla come la possibilità di comprarli/venderli facilmente in ogni momento ed a un prezzo allineato il più possibile a quello dell'indice. Per fare un esempio estremo, avete acquistato le vostre quote di ETF in passato e volete rivenderle, andate sul vostro bel conto on line e non vedete alcuna proposta in acquisto e una in vendita. Ma voi volete venderlo a ogni costo, cosa fate? Tecnicamente inserite un ordine al meglio, che significa che dite alla vostra banca di venderlo a qualsiasi prezzo. Cosa succede poi? Che anche l'emittente dell'ETF ve lo compra al prezzo minimo consentito (se vi ricordate hanno un obbligo di tenere un differenziale minimo con il valore reale dell'indice), e poi rivende le azioni della quota sul mercato facendoci un piccolo guadagno. Sono cifre minime, ma un po' da fastidio... Per legge questo non può accadere, data che da regolamento un emittente deve presentare almeno un offerta in acquisto ed una in vendita. Ma anche in questo caso, come dire, potrebbe fare il bello e cattivo tempo e presentare offerte al limite...
Quindi sarebbe meglio se ci fossero molte offerte in vendita e acquisto, in maniera da avere in ogni momento il prezzo allineato il più possibile al valore reale o NAV. 
Considerando che ci sono molti emittenti di ETF che spesso offrono prodotti sugli stessi indici, un possibile criterio per selezionare quello giusto é anche tenere conto di questi aspetti, controllando se in media l'ETF ha un volume di compravendita maggiore rispetto ad altri. Come si fa? Esistono una marea di siti finanziari con questi dati, ma anche sul sito di Borsa Italiana potete farvi un'idea. Facendo ad esempio il caso del nostro ETF sul MIB presentato nel primo post di questa serie, dal sito di Borsa Italiana (qui il link), avete i dati di quanto viene scambiato (numero di contratti giornalieri/mensili e il loro controvalore)

- La fiscalità di un ETF: tra i vari costi che vi sono nell'operare negli ETF bisogna tenere in considerazione anche ovviamente le tasse da pagare. Quanto sono? La tassazione é stata semplificata a partire dal 2014 (prima bisognava tenere conto del NAV al momento della vendita/acquisto), ed in breve é del 26% sui possibili guadagni (comprate ad un prezzo minore di quello a cui rivendere e l'aliquota si applica al guadagno fatto) e sulle possibile cedole distribuite. Al riguardo di questo ultimo punto, ribadisco la mia preferenza per gli ETF ad accumulo, che non distribuiscono cedole ma le reinvestono aumentando il prezzo degli ETF, anche per motivi di semplificazione fiscale

- Rischio valuta: molti ETF in realtà sono in dollari americani. Generalmente gli ETF sulle borse europee sono in Euro, ma molti si riferiscono a mercati extra UE (quelli USA tipo Nasdaq o Dow Jones, o anche il Nikkei giapponese o il BOVESPA brasiliano) e anche se quando li comprate versate Euro, il loro valore é in dollari americani (controllate la cosiddetta valuta di denominazione), vi esponete quindi anche al rischio cambio. Il deprezzamento/apprezzamento influirà sul valore dell'ETF. Esistono ETF che coprono da questo rischio, i cosiddetti ETF Hedged, che garantiscono che il prezzo rimane costante rispetto al valore dell'indice, ma al prezzo di maggiori commissioni di gestione (ma in genere non particolarmente maggiori).

Direi che con questo abbiamo finito la  nostra descrizione degli ETF. In questa serie mi proponevo di descrivervi gli aspetti salienti di questi strumenti finanziari e darvi alcuni criteri di scelta. Rimane adesso una domanda da un milione di dollari, come, quando e perché utilizzarli in una strategia di costruzione di una rendita, ma di questo parlerò in futuro.

Vi lascio per adesso con alcuni link informativi che potete trovare anche semplicemente googlando, e che invero ho utilizzato io stesso nella preparazione di questi post:


giovedì 7 febbraio 2019

Uno sguardo approfondito agli ETF - parte II

Continuiamo la nostra trattazione degli ETF ( la prima parte di questa serie la trovate qui ).

Come funziona realmente un ETF? E come é possibile sottoscriverlo/acquistarlo? Come forse avrete capito, gli ETF sono come dei titoli liberamente acquistabili sui mercati finanziari, come un azione qualsiasi, ed in particolare sono disponibili per un investitore italiano sulla borsa di Milano (tecnicamente il mercato ETFPlus, qui la sezione sul loro sito). Visto quello che abbiamo detto finora, a qualcuno può essere venuto il seguente dubbio: noi stiamo comprando un paniere di titoli, che si suppone abbia un valore definito, quindi mi aspetterei che un ETF abbia un valore fisso nel tempo, che replichi esattamente il valore di questo indice. Come é quindi possibile che sia negoziato online (significa che il prezzo é fluttuante in maniera quasi istantanea)?

Proviamo a spiegare il tutto partendo dalle basi e con un esempio molto semplificato. Supponiamo di avere un indice composto solo da due titoli, A e B. Sulla borsa trovate un ETF su questo indice, chiamiamolo X, emesso da un'azienda finanziaria fittizia chiamata ETFY. Cosa fa in realtà ETFY? Raccoglie soldi sul mercato per comprare i titoli che compongono l'indice X e creare una quota del proprio ETF. Supponiamo che una quota di questo ETF contenga esattamente le due azioni di cui sopra, che in un determinato istante valgono una 20 e l'altra 10 euro, il valore della quota dovrebbe essere quindi di 30 euro. Supponiate che volete comprare questo ETF, cosa succede in realtà? Andate sul vostro bravo conto on line, vedete un'offerta di vendita di che so, 1000 pezzi a 30 euro da ETFY, ne comprate 10 titoli (o quote, in questo contesto possiamo considerarli sinonimi) sul mercato. Usando un primo semplicissimo modello, ETFY si prende  300 euro da voi, compra 10 azioni di A, 10 azioni di B e le deposita presso la propria banca fiduciaria. Complimenti, avete acquistato la vostra prima quota di ETF! Sul vostro conto titoli risulterete possessori di X, che é come avere le corrispettive azioni A e B in un qualche conto della banca fiduciaria di ETFY.
Ma come forse saprete, le azioni sono negoziate in tempo continuo, e il loro valore fluttua costantemente, per adesso supponiamo che dopo un anno vi siete stufati, volete vendere la vostra bella quota dell'ETF X. Dopo un anno fortunatamente A vale 22 e B 15, andate sul vostro bellissimo conto on-line e notate che la quota adesso vale 370 euro. Cosa fa ETFY? Per adesso diciamo che é come se prelevasse le azioni dalla vostra quota dalla banca fiduciaria, le rivendesse per voi e indietro vi da 370 euro. Semplice, no!
Peccato che nei fatti questo é molto irrealistico, per tutta una serie di motivi che potremmo riassumere in:

- le azioni sottostanti ad un indice sono negoziate in tempo reale continuamente e il loro valore varia continuamente, un emittente di ETF molto difficilmente riuscirà a comprare/replicare in maniera perfetta il prezzo.
- quando comprate un azione sul mercato, significa che non siete l'unico venditore/compratore di un titolo (eccetto l'emittente dell'ETF stesso), ci saranno molti altri come voi che acquisteranno e/o compreranno immettendo ordini al proprio prezzo (c'é ad esempio chi metterà un prezzo leggermente inferiore al vostro e viceversa).
- a volere essere maliziosi o complottisti: chi mi garantisce che ETFY realmente replichi l'indice? Gli emittenti di ETF possono (e nei fatti pare anche lo facciano) sfruttare molte discrepanze. Tornando al nostro esempio, supponiamo che al momento del nostro acquisto trovate una quota in vendita a 30 euro, mentre le azioni sottostanti valgono 29,8. Una emittente comprando le suddette azioni realizzerebbe un piccolo guadagno di 0,2 comprandole sul mercato e rivendendole a voi sotto forma di una quota di un ETF, senza che voi neanche ve ne accorgiate. O anche, nel caso della vendita a 37, nel caso il valore del sottostante azionario sia 37,2, vendendo le azioni della quota l'emittente realizzerebbe un piccolo guadagno di 0,2 euro. Questo é il cosiddetto effetto arbitraggio. Come si viene garantiti in sostanza?

Tutto questo per introdurre il cosiddetto tracking error: come forse avrete capito é praticamente impossibile avere una replica perfetta dell'indice sottostante, in quanto in genere gli indici sono molto più complessi e variegati dello stupido esempio che vi ho appena fatto, quindi é inevitabile che una discrepanza tra indice e quota vi sia.
La risposta é che gli emittenti sono tenuti per legge a garantire un certo spread (differenza) tra il prezzo a cui vendono le quote e le acquistano, con il valore dell'indice (i vari mercati azionari sono rigidamente regolamentati da leggi). Inoltre il fatto che molti altri attori operino sul mercato in acquisto/vendita garantisce una certa liquidità che fa allineare i prezzi (ad esempio molti altri soggetti/società finanziarie provano a fare arbitraggi sugli stessi ETF, paradossalmente restringendo la forchetta dei prezzi tra valore indice e valore ETF (i guadagni di 0,2 euro per azione possono essere considerati ridicoli, ma se considerate i veri volumi di acquisto/vendita che circolano iniziano ad essere interessanti). Ma in ogni caso, come avrete capito, un certa differenza tra valore di un ETF e dell'indice sottostante é inevitabile.

Il problema del tracking error ci permette di introdurre un'altra classe di ETF, i cosiddetti swap based ETF. Cosa sono? Tornando all'esempio precedente e in tutti quelli fatti finora, abbiamo sempre detto e assunto, che un emittente di un ETF detiene le azioni di un indice presso la banca fiduciaria, ed é come se, detenendo una quota di un ETF, si sia detentori delle azioni stesse. Questo ha anche un altro interessante vantaggio: nel caso l'emittente fallisca, si é tutelati dal fatto che le azioni sono depositate presso un'altra banca e quindi non toccate dal fallimento.
Gli ETF swap based sono invece una particolare classe di ETF che non replica l'indice comprando direttamente i titoli sottostanti, ma comprando degli strumenti finanziari chiamati total-return swap. In ambito finanziario, un total-return swap può significare molte cose (si veda la pagina su wikipedia ), ma nel contesto di un ETF ve la posso spiegare in questo modo: la società che emette ETFY trova un'altra azienda finanziaria (una banca ad esempio), che é disposta a corrispondergli, dietro pagamento, il valore dell'indice. In versione molto sofisticate, questo contratto può anche essere molto più complesso di come ve lo ho presentato (scusatemi ma certe sottigliezze dell'ingegneria finanziaria non arrivo a capirle), ma il succo é: se comprate un ETF swap based non sarete in alcun modo detentori di alcun titolo, ma che i soldi che avete versato all'emittente all'acquisto sono depositati in contante in qualche banca e replicheranno nel tempo quello di un indice.
Come questo avvantaggia un investitore? La questione é molto dibattuta, ma essenzialmente questa tipologia di ETF promette un tracking error più basso, e quindi in genere costi ridotti. Inoltre in molti paesi, rispetto a un ETF normale ci sono dei vantaggi fiscali (ma non per il caso italiano).
Ma uno svantaggio di questo ETF é che ha un rischio emittente più alto, in caso di fallimento della cosiddetta controparte (nel nostro esempio la banca che offre il contratto di swap), tutti i soldi dell'investitore saranno persi. Non ho statistiche a portata di mano sull'incidenza di questi fallimenti, storicamente non ne ricordo uno, ma é comunque un elemento di incertezza che non fa propendere verso questa classe di strumenti.
In definitiva ha senso preferire uno swap based ETF rispetto ad uno normale? Non proprio, ma giusto se ne trovate uno equivalente con commissioni più basse e liquidità maggiore.


domenica 27 gennaio 2019

Uno sguardo approfondito agli ETF - parte I

Abbiamo introdotto nel post precedente gli ETF e abbiamo visto che sono lo strumento ideale per investire su di un indice, in maniera da replicare la performance media di esso. In questo post mi prometto di descriverli in maniera più approfondita.

Dato che, come dicevano gli antichi romani, repetita iuvant, riproponiamo una prima sintetica definizione di ETF. Gli ETF sono dei fondi di investimento a gestione passiva, dove il gestore si limita semplicemente a comprare i titoli che fanno parte di un indice rappresentativo di un mercato azionario. Gli ETF sono emessi e gestiti da società finanziarie e quotate in borsa. Per partire da un esempio, supponiamo che si voglia investire sul mercato azionario italiano e  decidiamo di provare a farlo puntando sull'indice FTSE MIB, l'indice delle 40 maggiori aziende per capitalizzazione e/o grandezza. Quale strumento ci permette di farlo? Esistono vari ETF che replicano questo indice, per darne un esempio, consideriamo questo quotato sulla borsa di Milano, dal roboante nome di Ishares Ftse Mib Ucits Etf Eur Acc. iShares (vi diventerà molto familiare questo nome) é il nome di una serie di ETF creati e gestiti da BlackRock, un'azienda finanziaria americana leader nel settore. Se andiamo sul loro sito, possiamo trovare informazioni dettagliate sull'ETF in questione (qui).
Una prima sezione sulla quale vale la pena soffermarci é quella denominata Partecipazioni : qui l'emittente semplicemente da una lista della composizione in percentuale del fondo (possiamo trovare informazioni sull'indice FTSE MIB da Yahoo Finanza qui). Alla data di stesura di questo post, si evince che questo ETF é investito maggiormente su ENEL, ENI e Intesa San Paolo (riporto qua lo screenshot preso direttamente dal loro sito):























Dalla scheda del prodotto, si ricavano altre interessanti proprietà, quella che ci interessa maggiormente al momento é quella chiamata Total Expense Ratio, che é dichiarato di essere dello 0,33%. Cosa é in pratica? Rappresenta i costi di gestione annuali che dovrete pagare per detenere la quota di questo ETF. Quali costi di gestione ha un emittente di ETF? Per gestire un simile strumento bisogna avare comunque una infrastruttura ( persone, IT etc.) che controlla l'indice, compra le azioni che lo compongono sui mercati. Inoltre le azioni fisiche che si comprano vengono depositate presso una banca fiduciaria.
Come vengono pagati da un sottoscrittore questi costi? Essenzialmente i gestori si rifanno dei costi di un ETF deducendo una quota giornaliera dal valore della quota. Quando poi un sottoscrittore vende la propria quota, quello che realizzerà sarà diminuito delle commissioni. Supponiamo ad esempio che si é comprato una quota di un ETF dal valore di 100 euro. La si detiene per un anno, durante il quale il sottostante della quota (in sintesi, il valore sul mercato di tutte le azioni che compongono la quota) vale sempre 100 (evento altamente improbabile, ma perdonatemi questa semplificazione). Ci si aspetterebbe di ricevere 100 indietro, ma invece si  ha sul proprio conto 99,67, questo perché il gestore ha direttamente prelevato dal patrimonio dell'ETF le proprie commissioni di gestione. Nella realtà il valore del paniere di titoli varierà ovviamente di giorno in giorno, ed il gestore tratterrà per coprire le proprie spese una quota giornaliera rapportata annualmente al TER , il tutto verrà riflesso nel prezzo dell'ETF. Un normale investitore, non dovrà però pagare commissioni nel mentre che possiede un ETF, ma é come se le pagasse al momento della vendita.
Sullo spinoso argomento dei costi, é importante specificare sin da ora che ce ne saranno altri (commissioni di compravendita, tasse, tracking error) che non sono inclusi nel TER e di cui tratterò nei prossimi post.

Un'altra interessante caratteristica di questo ETF, é che é ad accumulo, nel caso aveste notato che il nome finisce con un interessante segno (Acc). Cosa significa? Un'azione generalmente paga un dividendo, cioè una cedola annuale, che rappresenta una parte dell'utile (nel caso ve ne sia uno...) che la società decide di distribuire agli azionisti. Detenendo un ETF delle azioni, questo significa che un possessore di una quota dovrebbe anche riceverli. Qui dobbiamo quindi introdurre un'altra possibile classificazione delle tipologie di ETF: quelli ad accumulo e quelli a distribuzione. L'ETF di cui parliamo in questo post, tecnicamente é un ETF ad accumulo, che significa che non distribuisce i dividendi delle azioni sulle quali investe, ma che le reinveste. E in cosa le reinveste? Con i dividendi che riceve, compra altre azioni dell'indice stesso. Per un investitore, questo significa che la propria quota conterrà altre azioni e quindi in un certo senso aumenta di valore (ma può anche diminuire, ricordatevi che le azioni su cui investe possono aumentare o diminuire di valore, nel frattempo!). E nel caso uno sia interessato a ricevere i dividendi? Esistono anche ETF a distribuzione, il che significa che il detentore di una quota riceve i dividendi sul proprio conto. Sempre iShares ha ad esempio un ETF che fa questo lavoro sul MIB, speculare a quello di cui vi ho finora parlato, dal nome di iShares FTSE MIB UCITS ETF EUR (Dist) (notate il Dist alla fine), di cui trovate la scheda qui.   Se leggete attentamente la scheda, si noterà che ha una frequenza di distribuzione semestrale, il che significa che un investitore si dovrebbe aspettare ogni sei mesi delle cedole sul proprio conto. Se andate alla sezione Proventi della pagina in questione (sulla colonna sinistra) e cliccate Distribuzione, potete vedere lo storico delle cedole corrisposte a i sottoscrittore di questo ETF.
É meglio un ETF a distribuzione o ad accumulazione? Se volete avere un flusso di rendimenti annuo meglio sicuramente un ETF del primo tipo, però io personalmente preferisco gli ETF ad accumulazione. Il motivo? Le cedole che riceverete non saranno, in percentuale sulla cifra investita questo granché, e comunque saranno tassate. Nel caso degli ETF ad accumulo, le cedole saranno reinvestite in altre quote che aumenteranno il patrimonio investito nell'ETF e quindi, in caso di gain si avranno guadagni maggiori che si avranno in caso di liquidazione dell'investimento.

domenica 20 gennaio 2019

La rivoluzione dell'index investing

Abbiamo parlato nell'ultimo post del risparmi gestito e dei fondi di investimento e ci eravamo fermati al seguente dilemma: come fare a capire quali sono i gestori e/o fondi giusti, che possono garantirci un buon rendimento, tale magari da giustificare le commissioni che dovremmo pagargli? Intorno a questo quesito l'industria e la stampa finanziaria si é scervellata per molto tempo, fino a quando una nuova classe di fondi di investimento, detta fondi passivi o tracker e una nuova filosofia di investimento, index investing, ha iniziato a diffondersi a partire da all'incirca dalla seconda parte degli anni '90.

Per spiegarla dobbiamo iniziare dal concetto di indice azionario. In ogni borsa sono quotate una miriade di aziende, come fare a dare un'idea del valore complessivo o dell'andamento di un determinato mercato azionario? Ci si riferisce genericamente a un indice, tipicamente in insieme delle azioni più rappresentative del mercato stesso. Il valore di un indice é la media dei prezzi di un insieme di azioni, questa media é tipicamente di due tipi: o una media pesata in base alla capitalizzazione (la capitalizzazione totale di un'azienda é il valore totale di essa sul mercato, quindi in questo caso significa che le aziende con capitalizzazione più alta hanno un peso maggiore nell'indice) o anche una semplice media pesata dei prezzi delle azioni.
Ad esempio per la borsa di Milano ci si riferisce all'indice MIB (precisamente FTSE MIB), che é l'insieme delle 40 aziende italiane con maggiore capitalizzazione ( da Yahoo Finanza possiamo vederne la lista). Sempre sulla borsa milanese esistono vari indici per tracciare le altre tipologie di aziende quotate, ad esempio il FTSE Mid Italia é essenzialmente l'indice delle aziende di medie dimensioni, e il FTSE Italia Small Cap quello delle piccole aziende.
Nel ricco mercato statunitense esistono anche vari indici, il più celebre é il Dow Jones, un indice delle 30 compagnie più importanti, ma parimenti importante é lo S&P 500 e per i titoli tecnologici il NASDAQ (il NASDAQ in realtà é il mercato azionario dedicato ai titoli tecnologici). Gli indici venivano utilizzati anche come benchmark o punto di riferimento per valutare la bontà di un fondo di investimento: se il suo rendimento é superiore in un dato periodo alla performance di un indice  di riferimento, possiamo dire che il gestore ha fatto bene il suo lavoro. In caso contrario (come spesso accadeva), avremmo anche potuto affermare che si sarebbe potuto anche costruirsi un portafoglio titoli semplicemente scegliendo a caso delle azioni.

A partire dagli anni '90 furono creati degli strumenti di investimento che replicavano fedelmente l'andamento di un indice: gli Exchange Traded Fund detti anche ETF (o anche trackers). Cosa sono veramente? Possiamo considerarli, per adesso semplicemente come dei fondi di investimento che invece di avere un gruppo di analisti/strateghi che scelgono delle azioni su di un determinato mercato si limitano a replicare l'andamento di un indice comprando le azioni che lo compongono. Riferendoci al caso dell'indice MIB, un ETF su di esso idealmente compra le azioni di tutte e 30 le aziende che lo compongono, ognuna in proporzione al peso che ha nel paniere. Quindi comprando una quota di un ETF, si riuscirà ad avere quote di azioni che compongono l'indice, replicandone quindi abbastanza fedelmente l'andamento.
Quali implicazioni ha questo per un investitore normale? Ricordiamoci che siamo sempre nell'ottica di un confronto con un normale fondo di investimento, rispetto ad essi un ETF ha spese più basse. Un'azienda che gestisce un ETF risparmia notevolmente sui costi di gestione, non deve pagare uno stuolo di analisti o gestori visto che si limita a comprare/vendere azioni da una lista già predefinita.
Per prima cosa un ETF non ha costi di entrata o di uscita, ma costi di gestione che in Italia possono variare tra il 0,2% e il 1% (per un fondo attivo sono in media del 2%). Questi costi sono dedotti dalla quota del fondo, e non sono pagati dal sottoscrittore (semplicemente, il valore del fondo nel corso del tempo diminuisce e quindi saranno pagato al momento della liquidazione della propria quota). In questa maniera ci si riesce a garantire un rendimento pari almeno a quello del mercato di riferimento e allo stesso tempo si garantisce una diversificazione ragguardevole.
Gli ETF sono quotati sui mercato come un azione qualsiasi, e questo significa che possono essere acquistati/venduti in ogni momento, a differenza di un fondo di investimento che é invece in genere liquidabile solo direttamente presso la  banca e/o intermediario che lo ha piazzato.
É da precisare che gli ETF sono utilizzati anche per altre classi di investimento: esistono ETF che investono in obbligazioni o materie prime, ma in questo post e nei restanti ci riferiremo maggiormente agli ETF azionari.


domenica 13 gennaio 2019

Azioni, maledette azioni parte IV (il risparmio gestito)

Continuiamo a parlare di come gestire il proprio investimento nell'azionario.  Siamo giunti alla conclusione che invero le azioni hanno un lore ben preciso potenziale e permettono in genere rendimenti e ritorni in genere più alti rispetto alle ben  più sicure obbligazioni. Ma eravamo giunti anche alla conclusione che scegliere quelle vincenti non è impossibile ma molto difficile e che bisognerebbe anche avere una decente diversificazione su vari titoli. Come uscirne da questo problema?

Una soluzione che la gente ha adottato per molto tempo è affidare i propri soldi ad altri, il cosiddetto  risparmio gestito. In pratica, sottoscrivere dei fondi di investimento. Cosa sono? In pratica un fondo di investimento può essere descritto come un insieme di persone che mette insieme dei soldi per investirli assieme, affidandoli ad una persona esperta che riesca a farli fruttare, si spera, decentemente. Esistono una varietà di tipologie di questi fondi (obbligazioni, immobiliari) ma, visto che stiamo parlando di azioni, ci concentreremo su quelli azionari.
I fondi azionari sono in genere offerti da società specializzate che vendono quote di queste tipologie di investimenti investendoli per conto del sottoscrittore in azioni. Essenzialmente vendono un servizio di consulenza di investimento, il presupposto è quello che sono gestiti da un gruppo di esperti (analisti, investitori, etc.) che sono in gradi di individuare i titoli giusti e garantire quindi un rendimento di rispetto, anche se non danno alcuna garanzia di avere guadagni, come quando si investe nelle azioni. All'interno dei fondi azionari una distinzione che si fa é quella settoriale. Esistono fondi che investono solo sul mercato americano o tedesco o giapponese. O fondi che si concentrano su aziende di determinati settori (tecnologico, minerario, farmaceutico).
Ovviamente non lo fanno gratuitamente, ma si fanno pagare della commissioni, che possono rientrare nelle seguenti categorie:

Photo by Chris Liverani on Unsplash
- Commissioni di ingresso/uscita: ogni volta che si compra una quota di questi fondi, una percentuale della quota viene incassata dal gestore e il resto investito. Ad esempio se si compra una quota di tipo 1000 euro, e le commissioni di ingresso sono il 2%, il gestore incassa 20 euro e i restanti 998 sono investiti.
- Commissioni di gestione: ogni anno, dalla quota investita (inclusi eventuali guadagni) viene prelevata una parte per pagare i gestori. Ad esempio se si sono investiti 1000 euro e le commissioni di gestione sono l'1%, questo significa che il gestore si prenderà 10 euro l'anno. La commissione di gestione media in genere varia dall'1% al 4% (un valore medio è quello del 2%).

Tipicamente questi costi non devono essere pagati subito, ma sono dedotti direttamente dalle quote. Questo significa che quando si liquida il proprio investimento in un fondo, si riceveranno indietro i propri soldi dopo che un gestore si è preso tutte le sue commissioni, in pratica una volta comprato un fondo non bisogna pagare costi aggiuntivi ma saranno dedotti automaticamente dalla quota.

Ma le commissioni che si pagano, valgono veramente il servizio offerto? O per dirla in altro modo, i fondi sono il migliore investimento possibile nell'azionario? É la classica domanda da un milione di dollari, su cui molto si é dibattuto. Come prima cosa, bisogna anche precisare come il quantificare se un rendimento offerto da un fondo é veramente buono o no, come paragonarlo ad altri? Di sicuro, si spera che renda di più rispetto a un'obbligazione, in quanto più rischiosa. Ma anche se fosse, come si fa a distinguere tra i vari fondi offerti e a scegliere il migliore?
Per farla breve, per giudicare il rendimento di un fondo, bisognerebbe rapportarlo a qualche benchmark che é di solito la performance media dell'indice azionario di riferimento nel determinato periodo. Cosa é un indice di riferimento? Per farla breve, é una selezione di azioni di un determinato mercato (USA, Germania o Italia) che é considerato rappresentativo di esso. Ad esempio il cosiddetto indice MIB che sentite spesso citato al telegiornale (formalmente adesso indice FTSE MIB) é un paniere di titoli che comprende le azioni delle 40 più importanti società italiane per capitalizzazione (valore totale). Un indice quindi, ci da un'indicazione dell'andamento generale di una borsa o anche di un settore (esistono anche indici settoriali). Se vogliamo giudicare un rendimento di un fondo azionario in un determinato anno, ci conviene rapportalo all'indici di riferimento (il mercato su cui investe): se é più alto di esso, possiamo dire che il gestore ci ha saputo fare, altrimenti non é che sia stato questo fenomeno...
Per tornare alla nostra domanda originaria (i fondi di investimento sono vantaggiosi per un investitore medio): no, anche i gestori di fondi di investimento non sono questi fenomeni e non vi crediate di ottenere da loro ritorni mirabolanti. La prova di questo: anni e anni di studi statistici sui rendimenti ottenuti e le conclusioni sono che raramente anche i pro riescono a ottenere grandi risultati, e se li ottengono sono per lo più casuali (se googlate in inglese, troverete vari articoli che ne parlano, tipo questo o questo)