domenica 13 gennaio 2019

Azioni, maledette azioni parte IV (il risparmio gestito)

Continuiamo a parlare di come gestire il proprio investimento nell'azionario.  Siamo giunti alla conclusione che invero le azioni hanno un lore ben preciso potenziale e permettono in genere rendimenti e ritorni in genere più alti rispetto alle ben  più sicure obbligazioni. Ma eravamo giunti anche alla conclusione che scegliere quelle vincenti non è impossibile ma molto difficile e che bisognerebbe anche avere una decente diversificazione su vari titoli. Come uscirne da questo problema?

Una soluzione che la gente ha adottato per molto tempo è affidare i propri soldi ad altri, il cosiddetto  risparmio gestito. In pratica, sottoscrivere dei fondi di investimento. Cosa sono? In pratica un fondo di investimento può essere descritto come un insieme di persone che mette insieme dei soldi per investirli assieme, affidandoli ad una persona esperta che riesca a farli fruttare, si spera, decentemente. Esistono una varietà di tipologie di questi fondi (obbligazioni, immobiliari) ma, visto che stiamo parlando di azioni, ci concentreremo su quelli azionari.
I fondi azionari sono in genere offerti da società specializzate che vendono quote di queste tipologie di investimenti investendoli per conto del sottoscrittore in azioni. Essenzialmente vendono un servizio di consulenza di investimento, il presupposto è quello che sono gestiti da un gruppo di esperti (analisti, investitori, etc.) che sono in gradi di individuare i titoli giusti e garantire quindi un rendimento di rispetto, anche se non danno alcuna garanzia di avere guadagni, come quando si investe nelle azioni. All'interno dei fondi azionari una distinzione che si fa é quella settoriale. Esistono fondi che investono solo sul mercato americano o tedesco o giapponese. O fondi che si concentrano su aziende di determinati settori (tecnologico, minerario, farmaceutico).
Ovviamente non lo fanno gratuitamente, ma si fanno pagare della commissioni, che possono rientrare nelle seguenti categorie:

Photo by Chris Liverani on Unsplash
- Commissioni di ingresso/uscita: ogni volta che si compra una quota di questi fondi, una percentuale della quota viene incassata dal gestore e il resto investito. Ad esempio se si compra una quota di tipo 1000 euro, e le commissioni di ingresso sono il 2%, il gestore incassa 20 euro e i restanti 998 sono investiti.
- Commissioni di gestione: ogni anno, dalla quota investita (inclusi eventuali guadagni) viene prelevata una parte per pagare i gestori. Ad esempio se si sono investiti 1000 euro e le commissioni di gestione sono l'1%, questo significa che il gestore si prenderà 10 euro l'anno. La commissione di gestione media in genere varia dall'1% al 4% (un valore medio è quello del 2%).

Tipicamente questi costi non devono essere pagati subito, ma sono dedotti direttamente dalle quote. Questo significa che quando si liquida il proprio investimento in un fondo, si riceveranno indietro i propri soldi dopo che un gestore si è preso tutte le sue commissioni, in pratica una volta comprato un fondo non bisogna pagare costi aggiuntivi ma saranno dedotti automaticamente dalla quota.

Ma le commissioni che si pagano, valgono veramente il servizio offerto? O per dirla in altro modo, i fondi sono il migliore investimento possibile nell'azionario? É la classica domanda da un milione di dollari, su cui molto si é dibattuto. Come prima cosa, bisogna anche precisare come il quantificare se un rendimento offerto da un fondo é veramente buono o no, come paragonarlo ad altri? Di sicuro, si spera che renda di più rispetto a un'obbligazione, in quanto più rischiosa. Ma anche se fosse, come si fa a distinguere tra i vari fondi offerti e a scegliere il migliore?
Per farla breve, per giudicare il rendimento di un fondo, bisognerebbe rapportarlo a qualche benchmark che é di solito la performance media dell'indice azionario di riferimento nel determinato periodo. Cosa é un indice di riferimento? Per farla breve, é una selezione di azioni di un determinato mercato (USA, Germania o Italia) che é considerato rappresentativo di esso. Ad esempio il cosiddetto indice MIB che sentite spesso citato al telegiornale (formalmente adesso indice FTSE MIB) é un paniere di titoli che comprende le azioni delle 40 più importanti società italiane per capitalizzazione (valore totale). Un indice quindi, ci da un'indicazione dell'andamento generale di una borsa o anche di un settore (esistono anche indici settoriali). Se vogliamo giudicare un rendimento di un fondo azionario in un determinato anno, ci conviene rapportalo all'indici di riferimento (il mercato su cui investe): se é più alto di esso, possiamo dire che il gestore ci ha saputo fare, altrimenti non é che sia stato questo fenomeno...
Per tornare alla nostra domanda originaria (i fondi di investimento sono vantaggiosi per un investitore medio): no, anche i gestori di fondi di investimento non sono questi fenomeni e non vi crediate di ottenere da loro ritorni mirabolanti. La prova di questo: anni e anni di studi statistici sui rendimenti ottenuti e le conclusioni sono che raramente anche i pro riescono a ottenere grandi risultati, e se li ottengono sono per lo più casuali (se googlate in inglese, troverete vari articoli che ne parlano, tipo questo o questo)

giovedì 6 dicembre 2018

Azioni, maledette azioni parte III (il problema dello stock picking)

Finora abbiamo introdotto le azioni in generale, spiegando cosa é alla base del loro valore (analisi fondamentale) e cosa ne può giustificarne un aumento delle quotazioni ( e di converso un loro calo).
Si tratta essenzialmente di individuare quelle società che avranno una crescita sostenuta, idealmente una startup di belle speranze che diventi un colosso mondiale, nel caso in cui si voglia sperare in ritorni stratosferici. O, detta in altra maniera, di scegliere il cavallo vincente, essere bravi nel cosiddetto stock picking (scegliere le azioni). Me é davvero possibile?

Si, teoricamente é possibile, bisognerebbe studiare attentamente di ogni azienda il mercato in cui operano, i loro bilanci, le loro strategie e prospettive di crescita. Ma al giorno d'oggi trovo tutto ciò é tremendamente complicato.
Paradossalmente per via del fatto che oramai gli attori che operano (banche, investitori, fondi) sono oramai talmente tanti e, come dire, "sgamati" che la nuova next big thing sarà già stata scovata e correttamente prezzata. Paradossalmente é come se quanto professa l'analisi tecnica sia vero e valido.
E anche gli esperti, non vi crediate, sbagliano. Anni e anni di studi che ne hanno analizzato i rendimenti hanno dimostrato che quelli da loro ottenuti sono totalmente casuali e difficilmente battono il mercato ( approfondirò e scriverò di questo nei prossimi post, perché é un punto cruciale).
Per individuare le azioni buone, ci vuole fiuto, e conoscere bene il settore in cui operano, ma molto
bene.  Un esempio di questo é il settore farmaceutico, il mitico biotech, uno di quelli che in genere riescono a garantire ritorni maggiori rispetto ad altri. Sapete quale ne é il segreto e come funziona?
Il tutto in pratica si basa sul fatto che molti ricercatori scoprono e sintetizzano nuove molecole che in teoria potrebbero essere la cura a varie malattie. Molti fondano aziende e raccolgono capitali, come una startup qualsiasi, nella speranza che dalle loro ricerche esca fuori un farmaco che passi i trial clinici e diventi un prodotto di successo. Questo fa si che queste aziende, diventino prede delle grosse multinazionali, in disperata ricerca di best-seller di successo, e disposte ad acquisire a peso d'oro. In pratica, per trovare i cavalli vincenti in questo settore, bisogna essere del campo, se non alla frontiera della ricerca chimica/farmacologica, in maniera di riuscire a capire quali aziende posso farcela per davvero.

Un altro argomento da considerare é anche quello del rischio associato a puntare tutto su una singola azienda. Nell'azionario gli alti e bassi sono più ampi rispetto all'obbligazionario, e puntare tutte le fiche su di un numero porta a volte ad amare sorprese. Per questo tutti gli esperti consigliano di diversificare su differenti titoli, e questo complica ancora la questione (il trovare più titoli complica ancora il già arduo compito dello stock picking).

Esiste una maniera per uscire da questi inconvenienti? Per farla breve, si, ed é investire nei fondi azionari e/o negli indici, ma questo é un argomento da sviscerare in prossimi post.

venerdì 30 novembre 2018

Azioni, maledette azioni - parte II ( analisi fondamentale contro analisi tecnica)

Nel precedente post ho iniziato a parlarvi del mercato azionario ed ho introdotto l'analisi fondamentale. Essa é una della scuole di pensiero fondamentali nella valutazione delle azioni. Ricapitolando, l'analisi fondamentale mette l'attenzione sui fondamentali finanziari di un'azienda: tramite tutto un attento studio dei bilanci e delle strategie, si proverá a capire quali societá potranno avere un potenziale tale da avere una crescita degli utili sostenuta, che a sua volta sosterrá un aumento delle quotazioni.

Esiste peró una scuola diametralmente opposta rispetto a quella dell'analisi fondamentale, quella dell'analisi tecnica. Essa parte dal presupposto che in genere il prezzo di un'azione (ma di un asset finanziario in generale) "sconti" giá tutto, cioé che rifletta le aspettative e le informazioni (anche nascoste) generali sull'andamento di un'azienda. Quindi essenzialmente ci sará sempre qualcuno che riuscirá a capire i dati e l'andamento "fondamentali" di un titolo azionario, e di conseguenza il suo prezzo si muoverá molto prima che si sappia il perché. Da tutta una serie di studi statistici e storici sui prezzi degli asset finanziari e ne hanno trovato dei pattern/degli indicatori che sembrano ripetersi. In conclusione, guardando al grafico di un'azione e a tutta una serie di indicatori tecnico/statistici, si potrá capire quale é l'andamento del prezzo e se/quando acquistare e/o vendere.

Per dare un esempio, si veda il grafico sotto, che rappresenta l'andamento dell'indice azionario S&P 500 dallla seconda metá del 2016 fino ad oggi (novembre 2018). Si puó notare che il prezzo é come se si muovesse tra le due rette parallele da me rozzamente disegnate in rosso, siamo quindi, secondo l'analisi tecnica, in presenza di un trend ascendente o trend bull, e le due rette in questione sono la resistenza (quella di sopra) e il supporto.





Ma come capire quando finirá? Uno degli indicatori utilizzati sono le cosiddette figure di inversione. Una di esse é il cosiddetto doppio massimo, quando un prezzo/indice raggiunge due valori massimi simili e intervallati tra di loro (nella figura ho provato a disegnarlo con due rette parallele viola). Il trend é ancora in corso sarebbe interessante capire se effettivamente questa figura sará il preludio all'inversione del trend.
Ci sono molte altre figure e indicatori (medie mobili, stocastici, candele) sviluppati nell'analisi tecnica, questo esempio era solo una specie di introduzione, nella speranza dii farvi avere un'idea della basi di questa tecnica.

Confesso che a me sinceramente all'inizio l'analisi tecnica ricordava un po' l'astrologia. Per quanto quest'ultima non abbia alcun fondamento scientifico, non possiamo negare che sia peró una disciplina con un insieme di regole e adepti/fan che le praticano e seguono. Parimenti l'analisi tecnica non ha delle vere e proprie basi scientifiche, essa si basa su studi statistici e analisi dei pattern che ha portato alla formulazione di varie tecniche predittive. Che ci crediate o no, molti analisti e investitori ne seguono e regole (in rete potete trovare una marea di corsi su di essa).

Chi ha ragione quindi tra fondamentalisti e chartisti (chi segue l'analisi tecnica)? Un po' tutti e due. Recentemente sto rivalutando l'analisi tecnica, nel senso che, osservando da circa una decina di anni l'andamento dei mercati, noto che esistono dei trend di lungo periodo (sia in alto che in basso) e quindi l'analisi tecnica puó essere un valido supporto per individuarli. Esistono anche momenti di follia o demenza collettiva (si pensi alla bolla delle azinede internet negli anni 2000 o a quella delle criptovalute piú recente), e anche in questi casi gli strumenti offertici dall'analisi tecnica possono essere molto di aiuto. Ma alla lunga tutto si riequilibria, proprio, paradossalmente perché il vero valore di un'azione deve riflettere i fondamentali dell'azienda sottostante, nel bene (nel caso di sottovalutazione) come nel male (nel caso di sopravalutazione), cosí come predica l'analisi fondamentale.


domenica 18 novembre 2018

Azioni, maledette azioni - parte I (introduzione)

É il momento di iniziare a parlare del mercato azionario, lo strumento principe dell'investitore/speculatore moderno. Su di esso molto si é scritto e studiato, in rete e in libreria troverete una sterminata bibliografia al riguardo. In questa serie di articoli introdurrò i concetti principali, ma molto lascerò alla vostra iniziativa e approfondimento personale.
Nel tempo mi sono accorto che nell'immaginario collettivo, quello dell'uomo della strada, é considerato essenzialmente un gioco d'azzardo manipolato, ma é davvero così? E soprattutto, come possono esserci utili ai nostri scopi? In precedenti post vi avevo già accennato che ai nostri fini "previdenziali", investire nell'azionario é vitale. 

Cosa é in realtà un'azione? É un quota della proprietà di una società, una singola azione rappresenta una frazione della proprietà dell'azienda in proporzione al numero totale delle azioni. Il possesso di un'azione da diritto a decidere delle sorti dell'azienda stessa, in proporzione alla percentuale di essa che si detiene (se uno ne possiede il 51%, la controlla, ma ne può servire anche di meno a seconda dei casi), e da diritto a essere agli utili della società in proporzione.
Le azioni vengono inizialmente emesse per raccogliere capitali tramite offerta pubblica iniziale, dopodiché sono liberamente trattate sui mercati azionari (in Italia nella Borsa di Milano,  a New York ci sono il NYSE e il Nasdaq etc. etc.) in cui gli investitori normalmente possono venderle/acquistarle al prezzo che vogliono. E qui casca l'asino, direte voi. Cosa ne determina il prezzo? Perché, per dirla papale papale, mi converrebbe pensare di investirci?

Come vi ho detto prima, un azione da diritto in proporzione a una parte degli utili della società. Vi ho introdotto in alcuni post precedenti alle obbligazioni, e se ricordate bene vi ho parlato del fatto che distribuiscono una cedola in proporzione al capitale investito. Solo che in genere questa cedola é costante, e un'obbligazione ha una durata prefissata.. E se considerassimo l'utile di un'azione come una cedola? Potremmo considerare allora un prezzo equo per un'azione come quello che mi da come rendimento almeno quello di un'obbligazione decennale, anzi un po' di più, considerando che un'azione in genere ha un rischio maggiore. Ma, e qui direi sta tutto il succo della questione, gli utili societari possono variare nel tempo. Casi estremi possono essere in positivo le aziende high-tech americane (le varie Google, Amazon, Microsoft, etc.): appena fondate erano relativamente piccole e non facevano utili. Ma con il passare del tempo hanno creato nuovi mercati e sono state protagoniste di una spettacolare espansione, e gli utili di conseguenza sono esplosi, il prezzo di conseguenza ne ha risentito alla grande (controllare la quotazione decennale di una di questi titoli...).  Questo ragionamento terra terra che vi ho appena fatto é un mio modo di vedere una delle due principali scuole di pensiero degli investitori di borsa, la cosiddetta analisi fondamentale. La domanda che si pone siffatta disciplina, essenzialmente é: esistono aziende che per qualche motivo sono a buon prezzo o che hanno il potenziale di avere una spettacolare crescita? Se si, meglio comprarle, che le loro quotazioni andranno bene prima o poi, e io potrei farci un bel gain. L'analisi fondamentale analizza quindi tutta una serie di indicatori (fatturato, utili, debiti, EBITDA e chi più ne ha più ne metta) per individuare le fiche vincenti nel mercato azionario.

Ho pensato di introdurvi questo ragionamento, per convincervi che il mercato azionario non é tutta una montatura e un gioco di azzardo, ma che in ultima istanza i movimenti dei prezzi possono avere, alla lunga, una loro logica o razionale. Nei prossimi post torneremo a parlarne.

Bibliografia/approfondimenti sulle azioni:

Pagina di wikipedia Italia sulle azioni
Pagine di wikipedia EN sulle azioni
Pagina di Investopedia sull'analisi fondamentale (EN)

mercoledì 7 novembre 2018

Cosa mi hanno insegnato i giocatori di football professionisti

A rich man is nothing but a poor man with money. – W. C. Fields
Fino adesso ho parlato maggiormente di argomenti puramente finanziari. Ho sempre detestato i discorsi motivazionali e non mi prefiggo di far cambiare idea alla gente e fondare una nuova setta. In generale mi sento in difficoltá a dare consigli di vita.
Ma voglio essere chiaro: la via per l'indipendenza finanziaria passa anche attraverso un cambio delle proprie convinzioni e soprattutto delle proprie abitudini, specialmente e soprattutto nel caso in cui partiate da zero. 
Se non avete alcun capitale iniziale, dovete crearvi in un qualche modo un surplus. E per crearvelo, potete procedere in due modi direte, guadagnare di più o risparmiare. Ma anche se opterete per la prima via, la chiave del successo sarà il controllare le proprie spese.

Nel mio piccolo sono un grande fan degli sport americani. Come magari sapete, gli atleti professionisti che hanno militato nei campionati tipo NBA o NFL in carriera hanno guadagnato cifre enormi (si parla, nei casi più estremi di circa un centinaio di milioni di dollari). Secondo però alcuni studi, dopo il ritiro molti finiscono in difficoltà economiche finanziarie. Secondo un oramai celebre articolo di Sport Illustrated dal titolo "How (and why) athletes go broke" (traduzione: come (e perché) gli atleti finiscono in bancarotta, il link qui), ad esempio:

- Il 78% dei giocatori di football americano che hanno giocato nella NFL finisco in bancarotta o in ristrettezze economiche a due anni dal ritiro.
- Il 60% dei giocatori NBA (il maggiore campionato professionistico americano e al mondo di basket) sono finiti in bancarotta a 5 anni dal loro ritiro.

Se conoscete bene l'inglese, vi invito a leggere per bene l'articolo. Contiene tutta una lista di cose da non fare, se si vuole avere una vita finanziaria tranquilla. Tra le varie cause di questo fenomeno, viene sempre citato l"esagerato stile di vita e abitudini di spesa a cui si sono assuefatti molti sportivi di successo, che fagocita tutti le loro fonti di reddito, e in secondo luogo perché non hanno idea di come investire e/o si affidano a persone che finiscono per ingannarli.

Si ritorna quindi, a come avevo già scritto, all'importanza di avere una solida cultura finanziaria e di iniziare a risparmiare.

giovedì 25 ottobre 2018

Recensioni: smetteredilavorare.it

Nella blogosfera italiana smetteredilavorare é un po' il sito leader tra quelli che parlano di early retirement, downshifting e vivere di rendita, e se siete capitati qui, nella maggior parte dei casi dovreste conoscerlo già.
Il sito é stato creato ed é scritto da tal Francesco Narmenni, anche lui, a quanto pare, un ex programmatore informatico che ha deciso di smetterla con il suo lavoro e ritirarsi per dedicarsi ad una vita più tranquilla, lontana dallo stress di ogni giorno, in un certo senso un percorso parallelo a quello di Mr. Money Mustache (é impressionante che molti programmatori/informatici fanno queste scelte, non trovate?).  Esiste da un bel po' di tempo, credo il 2010-2011, e l'autore da esso ha scritto anche dei libri (che non ho letto e di cui non parlerò). Credo anche che si sostenga molto con le entrate, la pubblicità, del sito.

Questo suo post ricapitola a grandi linee la sua storia e la sua strategia. Come si può capire, a grandi linee, essa si basa sul risparmio più estremo (afferma di campare essenzialmente con circa 500 euro al mese, come si evince dalle faq) che un po' si riconduce al dovere scegliere uno stile di vita. In questo caso si porta un po' all'estremo il concetto di downshifting, con alcuni concetti di cui tratterò anche io nei prossimi post. 

Una critica che mi sento di muovergli, é che per quanto riguarda la parte propriamente, come dire,
"finanziaria" smetteredilavorare.it é forse un po' troppo conservativo, la strategia consigliata é essenzialmente un misto tra obbligazioni e investimento immobiliare, che porta a rendimenti sicuri ma molto più bassi nel tempo. L'impostazione é, come capirete molto italiana ed europea, lontana anni luce da quella americana che é sintetizzata dalla posizioni di Mr. Money Mustache, che si getta a capofitto invece sull'azionario, ETF e asset più rischiosi.

Ma come detto, per quanto riguarda il risparmiare e il downshifting, il sito é una miniera di informazioni preziose ed inesauribili e da molte idee su una possibile vita in caso uno decida di ritirarsi.
Molti articoli sono dedicati al trasferirsi in posti dove si vive bene e spende poco. Ad esempio questo per me é un degli articoli migliori per quanto riguarda il trasferirsi in questo tipo di posti, trattando del caso dell'Italia, che spesso viene un po' sottovalutata. In generale esiste tutto un filone di post dedicato ai Paesi esteri (qui l'archivio generale), in cui si vivisezionano i pregi e i difetti, in maniera sintetica ed efficace.
La sezione sui consigli per i risparmi andrebbe anche seguita molto attentamente, per avere spunti su come accumulare una rendita nel tempo e anche come preservarla.

In conclusione, smetteredilavorare é una risorsa molto valida e che fornisce spunti e consigli utilissimi per il caso del downshifting, e merita di essere seguito con attenzione.


martedì 16 ottobre 2018

Appunti sparsi e disordinati sulle obbligazioni - parte III e prime conclusioni

Abbiamo trattato il tema delle obbligazioni già in due post (si veda qui e qui). L'argomento di per se é molto vasto e si potrebbero scriverne ancora, per adesso vorrei precisare che:

- Ho trattato finora del caso di obbligazioni in Euro e paesi di area Euro. Teoricamente si potrebbe investire anche in obbligazioni in valuta estera, ma in questo caso ci si espone al rischio cambio (in teoria potrebbe andare anche meglio, ma nella maggior parte dei casi no).
- Sempre riguardo al rischio, é importante saper scegliere bene l'emittente. Come giá scritto, se si scelgono obbligazioni statali si hanno piú garanzie agli emittenti corporate (aziende). Si dovrebbe guardare ai famigerati e discussi rating, che a volte possono anche topparci alla grande, ma in generale danno un indicazione valida.

Quando e perché utilizzare le obbligazioni ai fini di una rendita? Le obbligazioni sono umanamente considerate la classe di investimento più sicura e meno rischiosa, inoltre garantiscono un flusso di capitale (cedole) nel tempo, son quindi lo strumento ideale al nostro scopo?


In un certo senso si, se si vuole avere una rendita garantita, si puó pensare a crearsi una rendita con il solo flusso delle cedole che potremmo usare come rendita. Ipotizziamo ad esempio di utilizzare un BTP decennale, che al momento in cui scrivo rende un 3% circa annuo (lordo, andrebbero tolte le tasse ma per adesso prendiamolo per buono). Riferendoci ad un esempio in cui ci accontentiamo di 1000 euro al mese, per avere tale rendita dovremmo ad esempio avere a disposizione un capitale di 400000 euro circa, e questo senza peró avere una rivalutazione. Questo capitale sarebbe piú di quanto prescritto dalla regola del 4% , per la quale, investendo opportunamente (bisognerebbe avere una componente azionaria molto maggiore), si avrebbe la stessa rendita, rivalutata con l"inflazione ed ancora intatta dopo 30 anni.
Conclusione: campare di obbligazioni é possibile, fattibile e meno rischioso, ma ci vuole un capitale piú consistente rispetto al normale... Non trovo studi al riguardo, ma stimerei un 50% almeno in piú rispetto al capitale che la regola del 4% prescrive.
Inoltre, in una eventuale fase di accumulo di capitale, i rendimenti generati dall'obbligazionario non sono  in genere comparabili con quelli dell'azionario e di conseguenza sono non adatti a generare una somma maggiore.
Quando impiegare quindi le obbligazioni e perché ve ne parlo? Tradizionalmente le obbligazioni sono considerate un investimento "conservativo", atto piú a preservare un capitale. É in genere saggio, una volta accumulato un capitale, investirne almeno una parte in bond, in modo di avere almeno un cuscinetto per eventuali perdite sull'azionario. Quanto? Per adesso mi sento di dire che una parte tra un minimo del 25% e un massimo di un terzo/40% potrebbe bastare.
Vi ho iniziato a parlarne perché le considero generalmente la base di partenza della conoscenza finanziaria di base e utili per spiegare altri concetti relativi all'azionario.